San Girolamo. Un profilo

20071222032534michelangelo_caravaggio_057-1di Carlo Nardi • Grandi amori ed esplosive leticate, scaturite da furori teologici – le cui conciliazioni son pressoché impossibili, perché ciascun litigante si ritiene paladino dei diritti di Dio, ma per l’appunto sopra il Padreterno non c’è una specie di Corte dell’Aia …-, “bollenti spiriti” di sensualità e d’iracondia, forse sopiti i primi ma più che mai gagliardi i secondi , contrassegnano san Girolamo, padre e dottore della Chiesa (347 circa-420), il quale diventa anche simpatico, se lo si bazzica molto a distanza negli scritti che ci ha lasciato. Originario della Dalmazia, ragazzo di buona famiglia, a Roma studiò retorica, chiave per entrare nell’amministrazione. Nella giovinezza prende sul serio la fede: ci parla dell’impressione ricevuta da una visita alle catacombe.

Poi, con amici, visitò il Medio oriente a mo’ di pellegrinaggio con incontri di personaggi da cui ricevere edificazione in vista dell’eremo, ed anche allo scopo di perfezionare il greco e affrontare lo studio dell’ebraico. Fu infatti monaco nel deserto di Calcide in Siria. Poi il papa Damaso lo chiamò a Roma, con l’incarico di rivedere le traduzioni latine della Bibbia, per poi tradurre direttamente dall’ebraico al latino. Insieme alla ricerca di una versione più corretta possibile, si preoccupava di commentare i libri biblici in base alla grammatica del tempo con il gusto della storia e della letteratura, nonché secondo il senso cristiano dettato dallo Spirito di Dio ora con accostamenti azzardati nell’allegoria, ora col criterio evangelico della prefigurazione implicita nel Vecchio Testamento in vista della nuova ed eterna nel tempo e nell’eternità.

Morto il papa Damaso (384), tirando in Roma un vento ben diverso, Girolamo pensò bene di ritirarsi a Betlemme, dove fondò due monasteri, uno maschile ed uno femminile, con attenzione alle memorie bibliche.

Girolamo è in modo tutto particolare legato alla familiarità con la Sacra Scrittura. La Chiesa continua a raccomandarlo perché ci conduca al gusto della lettura biblica. Tra fine Ottocento e primo Novecento una Pia Unione intitolata al suo nome si preoccupava tra l’altro di procurare ai fedeli i Vangeli ed altri libri biblici a buon mercato. L’associazione fu incoraggiata da papa Benedetto XV, il quale, con l’enciclica dedicata a San Girolamo nella ricorrenza pluricentenaria dalla sua morte (420-1920), invitava clero e popolo all’amore per la Bibbia. Quell’amore fu poi suggellato specialmente dalla Costituzione conciliare sulla divina liberazione, la Dei Verbum, con il sintetico detto del medesimo Girolamo: Ignoratio Scripturarum ignoratio Christi est «ignorare le Scritture è ignorare Cristo» (Su Isaia prologo), presente anche nel breviario del 30 settembre, memoria annuale dell’inquieto e appassionato Girolamo.

Il quale, con i suoi acuti ammiratori, Francesco Petrarca ed Erasmo da Rotterdam, si ritroverebbe appieno in accenti del papa Francesco: «Tutta l’evangelizzazione è fondata sulla Parola di Dio, ascoltata, meditata, vissuta, celebrata e testimonianza. […] La Parola di Dio ascoltata e celebrata, soprattutto nell’Eucaristia, alimenta e rafforza interiormente i cristiani e li rende capaci di un’autentica testimonianza evangelica nella vita cristiana. […] Lo studio della Sacra Scrittura dev’essere una porta aperta a tutti i credenti. È fondamentale che la Parola rivelata fecondi radicalmente la catechesi e tutti gli sforzi per trasmettere la fede. L’evangelizzazione richiede la familiarità con la Parola di Dio e questo esige che le diocesi, le parrocchie e tutte le aggregazioni cattoliche propongano uno studio serio e perseverante della Bibbia, come pure ne promuovano la lettura orante personale e comunitaria» (Evangelii gaudium 144-175).