«Dio mio e mio tutto»: Francesco e il senso dell’Assoluto. Un testo di Javier Garrido

di Dario Chiapetti · È tradotto in lingua italiana il testo di Javier Garrido, frate minore, dal titolo «Dio mio e mio tutto»: Francesco e il senso dell’Assoluto (Edizioni Biblioteca Francescana, Milano 2021, 123 pp., 12 euro). Si tratta di un commento alla celebre espressione summenzionata, attribuita al Santo d’Assisi. Essa condensa, secondo l’Autore, la comprensione di Dio propria di Francesco e, in particolare – come si desume dal sottotitolo –, del senso dell’Assoluto, o forse meglio ancora – come si desume dal sottotitolo della versione spagnola originale (su sentido de absoluto) –, del suo senso dell’Assoluto. Il programma del titolo è denso: ciò che richiama è la comprensione sanfrancescana di Dio, nella sua specificazione di Assoluto, e il senso – inteso sia in termini concettuali che esperienziali e, direi, finanche “sensuali” – che Francesco ha lasciato attestazione di tale nozione. Il testo non ha però la pretesa di presentarsi come uno studio approfondito e “scientifico” ma, più semplicemente, come un «piccolo libro» (p. 6), che, tuttavia, propone una suggestiva panoramica sul tema e, soprattutto, intende porre il discorso anche su di un piano spirituale, in cui ogni lettore è invitato a collocarsi. Il libro è composto di due parti: la prima riporta i testi di Francesco con un breve commento, la seconda riflette sulla loro genesi nella storia personale del Santo, enucleandone le relative questioni spirituali che riguardano ogni cristiano.

Il punto di partenza di Garrido, così come è affermato nell’introduzione, è una breve analisi esegetica dell’espressione latina – che traduce quella italiana posta nel titolo – Deus meus et omnia, la cui conclusione costituisce il quadro globale entro cui comprendere ciò che segue. L’Autore presenta le diverse sfumature di significato che possono essere evinte, non opposte ma complementari. La traduzione letterale suona Dio mio e tutte le cose, che suggerisce l’idea dello sguardo unitario su tutte le cose quando esse sono apprese a partire dalla relazione personale con Dio. Un’altra traduzione può essere Tutte le cose in Dio, che consolida uno sguardo teologale, giacché coglie le cose nel loro rapporto – per così dire – pericoretico con Dio. La più tradizionale, Dio mio e mio tutto, che esprime l’idea Tu sei il mio tutto, per Garrido è quella che più profondamente esprime il significato inteso da Francesco, in quanto maggiormente rende giustizia del valore del pronome possessivo – meus – che esprime una relazione affettiva – e, si potrebbe dire, ancor più, ontologica –, a partire dalla quale sono recuperate – trasfigurate – la comprensione di tutte le cose, propria del Santo, e la relazione di questi con esse.

Chiarito ciò, nella prima parte l’Autore passa a presentare e commentare vari passi degli scritti di Francesco nei quali emerge il suo senso dell’Assoluto come il suo tutto: Esortazione alla lode di Dio, Lodi per ogni ora, Preghiera sul Padre nostro, Ufficio della Passione, Regola non bollata, Lodi di Dio Altissimo, Cantico delle Creature. Ciò che viene sistematizzato nella seconda parte è che Francesco sperimenta Dio come il suo tutto in quanto Creatore – Colui grazie al quale tutto esiste –, Redentore – Colui che ha donato tutto se stesso fino alla fine, portando sulla croce i nostri peccati e donandoci la vita eterna –, Consolatore, Colui che ha infuso nei nostri cuori il Suo amore affinché Egli diventi il nostro amore –, il Padre di Gesù, l’Altissimo che ha inviato a noi il Suo Figlio –, il Figlio beneamato, Colui che si è fatto uno di noi rivelando l’amore del Padre –, lo Spirito santo difensore, il dono che realizza nell’uomo l’amore trinitario (cf. 121-122).

Quanto ad una certa fenomenologia dell’esperienza spirituale che Francesco compie dell’Assoluto, a cui fa cenno Garrido nell’introduzione, facendo ricognizione dei vari dati da lui esposti, e in linea con altra letteratura, pare si possa affermare, che prima si dia quella del Dio redentore (in sequenza: lo Spirito Santo, il Figlio, il Padre) e da qui (Cantico delle Creature) del Dio creatore, e così della relazione “triangolare” (o meglio triadica, e anche trinitaria) Dio-uomo-creature. Questi rilievi costituiscono aspetti della vita della Chiesa oggi tanto importanti quanto critici, molto da recuperare…Quella che Francesco propone è una diversa spiritualità, aderente al dato biblico, dogmatico, liturgico e patristico, che realizza, come mostra Garrido, un uscire da sé, una trasformazione personale, una povertà di spirito, un’identificazione con Cristo, al di là di ogni forma di panteismo e spiritualismo.

Mi piace concludere questo spazio con il passo di Francesco, il Poverello d’Assisi, tratto dalla Lettera a tutto l’Ordine (FF 233), riportato anche da Garrido:

Onnipotente, eterno

giusto e misericordioso Iddio,

concedi a noi miseri di fare,

per tuo amore, 

ciò che sappiamo che tu vuoi,

e di volere sempre ciò che a te piace;

affinché interiormente purificati

interiormente illuminati

e accesi dal fuoco dello Spirito santo, 

possiamo seguire le orme del tuo Figlio diletto,

il Signore nostro Gesù Cristo,

e con l’aiuto della tua sola grazia

giungere a te, o Altissimo,

che nella Trinità perfetta e nell’unità semplice

vivi e regni e sei glorificato,

Dio onnipotente per tutti i secoli dei secoli.

Amen!