La settimana sociale dei cattolici italiani e le riflessioni del Papa su politica, economia, lavoro, Europa

385 216 Carlo Parenti
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280406-001di Carlo Parenti • Nello scorso mese di ottobre Papa Francesco ha svolto molte riflessioni sulla politica, sul sistema economico di mercato e sulle diseguaglianze che esso genera, sul lavoro, sul ruolo e il futuro dell’Europa. Ciò in occasione delle visite a Cesena e Bologna (1° ott.), di un’udienza ai partecipanti ad un workshop organizzato dalla Pontificia Accademia delle Scienze (20 ott.), di un video messaggio per la quarantottesima settimana sociale dei cattolici italiani, svoltasi a Cagliari (26 ott.), di un incontro con i partecipanti al «Dialogo (Re)Thinking Europe», organizzato in Vaticano (28 ott.).

Ho peraltro notata una scarsa attenzione –se non addirittura il silenzio- da parte della stampa italiana (cioè di un paese sempre più diviso, in cui al sereno dialogo si contrappone o l’inciucio o l’insulto) a queste riflessioni ed in particolare ai temi e alle proposte emerse nella citata settimana sociale, intitolata «Il lavoro che vogliamo, libero, creativo, partecipativo e solidale», espressione tratta dalla esortazione apostolica «Evangelii gaudium» di Papa Francesco.

Significativa è stata l’apertura dei lavori cagliaritani da parte del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della CEI, il cui sogno è quello di una “Ricostruzione” dell’Italia “casa casa per casa, strada per strada, scuola per scuola“. O meglio “di un grande progetto per l’Italia ispirato da quel clima di ricostruzione del Paese che aveva animato i Padri costituenti e tutta quella gente semplice che, dopo la seconda guerra mondiale, o dopo i grandi disastri come l’alluvione del Polesine o il terremoto del Friuli, si è rimboccato le maniche e in silenzio ha ricostruito il Paese”. Rivolgendosi ai politici ha detto: “Basta chiacchiere, ci vuole un grande piano di sviluppo“. Il focus di Bassetti è stato sui giovani “principale comune denominatore” delle disuguaglianze nel mondo del lavoro: “Reddito e occupazione non solo stanno favorendo le generazioni più vecchie, ma stanno incentivando una drammatica emigrazione di massa dei nostri giovani”. Una riflessione che trova conforto nel Rapporto Italiani nel Mondo: nel 2016 sono 126mila gli italiani emigrati e il 39% ha tra i 18 e i 34 anni. In buona parte giovani, appunto. “Lo voglio dire senza tentennamenti: questa situazione è inaccettabile -ha aggiunto Bassetti – Si tratta di un fenomeno ingiusto che è il risultato di un quadro sociale ed economico dell’Italia estremamente preoccupante”.

Bassetti ha poi enunciato una nuova teologia del lavoro: “Il lavoro è a servizio della persona umana e non il contrario”. Spiegando che “questo ha molte implicazioni pratiche. Significa pronunciare dei No e dei Sì. Il No si riferisce al rifiuto deciso dell’idolatria del lavoro che produce solamente carrierismo, affermazione individualista di se stessi e desiderio avido di avere sempre maggiori ricchezze. Il Sì, invece, va indirizzato al rapporto fondamentale con il tempo di riposo. Il lavoro è solo una parte della giornata di un uomo. Il resto deve essere dedicato all’otium, al tempo libero, alla famiglia, ai figli, al volontariato, alla preghiera. In definitiva, la difesa e la valorizzazione della dignità umana deve essere il concetto chiave di ogni teologia del lavoro”.

Francesco nel suo messaggio ai partecipanti ha detto che “Il lavoro in nero e il lavoro precario uccidono” e che “senza lavoro non c’è dignità” precisando però anche che “non tutti i lavori sono «degni»”. Alcuni di essi, infatti, “umiliano la dignità delle persone, altri “nutrono le guerre con la costruzione di armi o svendono il valore del corpo con il traffico della prostituzione” o ancora “sfruttano i minori”. Quindi il Papa ha ricordato che «offendono la dignità del lavoratore anche il lavoro in nero, quello gestito dal caporalato, i lavori che discriminano la donna e non includono chi porta una disabilità». Così come il lavoro precario, che costituisce una «ferita aperta per molti lavoratori” angosciati dal “timore di perdere l’occupazione”. E in proposito ha confidato: “Io ho sentito tante volte questa angoscia” della “precarietà totale. Questo -ha ammonito – è immorale. Questo uccide: uccide la dignità, uccide la salute, uccide la famiglia, uccide la società”.”Il mio pensiero – ha concluso il Papa – va anche ai disoccupati che cercano lavoro e non lo trovano, agli scoraggiati che non hanno più la forza di cercarlo, e ai sottoccupati, che lavorano solo qualche ora al mese senza riuscire a superare la soglia di povertà. A loro dico: non perdete la fiducia. Lo dico anche a chi vive nelle aree del Sud d’Italia più in difficoltà. La Chiesa opera per un’economia al servizio della persona, che riduce le disuguaglianze e ha come fine il lavoro per tutti”

Francesco già ricevendo un gruppo di studenti, dell’Istituzione degli Chartreux di Lione, impegnati in corsi di Economia, aveva chiesto un impegno preciso: Abbiate “la forza e il coraggio di non obbedire ciecamente alla mano invisibile del mercato”. E aveva aggiunto: è essenziale che, fin da ora e nella vostra vita professionale futura, impariate a rimanere liberi dal fascino del denaro, dalla schiavitù in cui il denaro rinchiude quanti gli rendono un culto.E un’esortazione: E se anche questo mondo si aspetta da voi che puntiate al successo …datevi i mezzi e il tempo per percorrere i sentieri della fraternità, per costruire ponti tra gli uomini piuttosto che muri, per aggiungere la vostra pietra all’edificazione di una società più giusta e più umana”.

Il Papa, nel citato discorso al workshop della Pontificia Accademia delle Scienze, intitolato “Cambiare le relazioni tra Stato, mercato e società civile”, aveva approfondito il tema della uguaglianza: “Se prevale come fine il profitto, la democrazia tende a diventare una plutocrazia in cui crescono le diseguaglianze e anche lo sfruttamento del pianeta” individuando “due cause specifiche che alimentano l’esclusione e le periferie esistenziali: la diseguaglianza e lo sfruttamento, che non sono una fatalità e neppure una costante storica”. Sul lavoro Francesco aveva sottolineato che è necessario crearne di nuovo, superando la “pigrizia spirituale” svincolandosi “dalle pressioni delle lobbies pubbliche e private”. Per il Papa bisogna “civilizzare il mercato e non possiamo sacrificare sull’altare dell’efficienza – il «vitello d’oro» dei nostri tempi – valori fondamentali come la democrazia, la giustizia, la libertà, la famiglia, il creato”.

Concludo che tutto quanto precede riconduce al tema della politica, oggetto di riflessione del Papa nella sua visita a Bologna e Cesena : i desideri dei gruppi “vanno armonizzati con quelli della collettività”, essendo “essenziale lavorare tutti insieme per il bene comune”, cioè con una politica “buona”. Infine, parlando in Vaticano dell’Europa, Francesco ha sottolineato che favorire il dialogo -qualunque dialogo- è una responsabilità “basilare della politica…purtroppo, si nota troppo spesso come essa si trasformi piuttosto in sede di scontro fra forze contrastanti. Alla voce del dialogo si sostituiscono le urla delle rivendicazioni. Da più parti si ha la sensazione che il bene comune non sia più l’obiettivo primario perseguito». Così “trovano terreno fertile in molti Paesi le formazioni estremiste e populiste che fanno della protesta il cuore del loro messaggio politico, senza tuttavia offrire l’alternativa di un costruttivo progetto politico». Al dialogo si sostituisce, o “una contrapposizione sterile, che può anche mettere in pericolo la convivenza civile, o un’egemonia del potere politico che ingabbia e impedisce una vera vita democratica. In un caso si distruggono i ponti e nell’altro si costruiscono muri. E oggi – ha aggiunto senza leggere il testo scritto – “l’Europa conosce ambedue”.

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