«Ecco l’Agnello di Dio»

336 343 Stefano Tarocchi
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trasferimento (2)di Stefano Tarocchi • Il Vangelo secondo Giovanni riserva al Battista un ruolo molto particolare: dopo averne precisato nel prologo il ruolo totalmente differente rispetto al Cristo – egli è infatti solo colui che gli rende testimonianza, e non la luce (Gv 1,8.15) – si fa conoscere al lettore che egli non è il Cristo, il Messia ma solo la «voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore». Quando Gesù arriva nel luogo in cui Giovanni sta battezzando, a Betania al di là del Giordano, è questa la sua parola «vedendo Gesù venire verso di lui»: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!». Giovanni aggiunge di essere «venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele» (Gv 1,29).
Ora è questa indicazione che voglio approfondire: «ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo».

Il quarto vangelo da un significato nuovo alla prima espressione («l’agnello di Dio»), che originariamente nell’ebraismo ha a che fare con il racconto del sacrificio di Isacco: «Dio stesso si provvederà l’agnello per l’olocausto» (Gen 22,8). Isacco nel giudaismo, dopo l’agnello della pasqua e il “servo del Signore” descritto da Isaia (Is 53,7.10), è il prototipo del sacrificio nel cui nome vengono cancellati i peccati del popolo. Per Gesù viene creata però l’associazione tra «agnello di Dio» e «Figlio di Dio»: «io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio» (Gv 1,34). Del resto appena Gesù è morto e «uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua» (Gv 19,34), l’evangelista aggiunge (e in questo caso è lui il testimone): «Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso. E un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto». D’altronde, scrive ancora il Vangelo «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui» (Gv 3,16-17).

Potremmo però chiederci perché le parole del Battista parlano di «agnello di Dio che toglie il peccato», al singolare – mentre la liturgia “traduce” regolarmente «che toglie i peccati», al plurale. Questo è, come già commentava Rudolf Schnackenburg, il “peso dei peccati dell’umanità”. È ciò che viene chiamato in chiave ancora più assoluta, la distruzione di ogni ordine: «il peccato è l’iniquità» (1 Gv 3,4).

È infatti, su questa tonalità universale che si sposta il pensiero del quarto evangelista, quando scrive nella prima delle tre lettere che il canone gli attribuisce: «Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un Paràclito presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto. È lui la vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo» (1 Gv 2,1-2). E ancora, e soprattutto: «non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati» (1 Gv 4,10).

La stessa prima lettera di Giovanni sposta ulteriormente questo orizzonte, quando scrive anche: «Se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù, il Figlio suo, ci purifica da ogni peccato. Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto tanto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità. Se diciamo di non avere peccato, facciamo di lui un bugiardo e la sua parola non è in noi» (1Gv 1,7-10).

Addirittura, il medesimo scritto dell’apostolo Giovanni, rovescia in chiave battesimale la contemplazione del Cristo, “addormentato” sulla croce, rivelando la sua azione salvifica universale: «egli è colui che è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo; non con l’acqua soltanto, ma con l’acqua e con il sangue» (1 Gv 5,6).

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Stefano Tarocchi

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