Alla scuola di Lourdes senza devozionalismi o pregiudizi

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locandinadi Stefano Liccioli • Nel mese di febbraio è uscito nelle sale cinematografiche italiane il documentario “Lourdes”.
Si tratta di un’opera che, come affermano i due registi francesi Thierry Demaizière e Alban Teurlai, va a colmare una lacuna: sull’importante santuario mariano francese erano stati realizzati finora solo film e reportage televisivi, ma mai un documentario che raccontasse la storia dei tanti pellegrini che ogni anno si recano a Lourdes (nel 2016 sono stati circa seicentomila). I due registi hanno trascorso un anno presso il santuario, seguendo dieci pellegrinaggi e girando ben duecentocinquanta ore di filmati. Il risultato è un racconto corale, in presa diretta, che assume la prospettiva delle persone, di qualsiasi fede e cultura, che si sono recate, magari neanche per la prima volta, alla grotta dove nel 1858 la Madonna apparve alla quattordicenne Bernadette Soubirous. E’ un intreccio di storie, spesso caratterizzate dal dolore e dalla sofferenza, con cui ogni pellegrino si presenta ai piedi della Vergine.

Lo sguardo di Demaizière e Alban Teurlai è quello di due persone non credenti che proprio per questo però riescono a testimoniare come la verità di Lourdes sia qualcosa che travalica la fede per parlare a tutti. Il documentario presenta uno spaccato sulla condizione umana, soprattutto quella più fragile e ferita nel corpo e nello spirito, ma anche sulla fede, l’amore e la speranza.

Per chi, come me, è stato più volte a Lourdes non può che ritrovarsi nelle testimonianze dei pellegrini che si raccontano. Ho trovato particolarmente vera l’affermazione secondo cui «quando sei a Lourdes puoi mostrare te stesso perciò che sei veramente in tutta la tua grandezza e debolezza». La sensazione più diffusa, infatti, è quella di sentirsi pienamente se stessi, in un clima di reciproca fraternità.

Guardando scorrere le immagini non si può non pensare a come il pellegrinaggio, in generale, ai santuari sia davvero un’eseperienza di fede e non di folclore, come in alcuni casi viene messo in luce. Soprattutto quando il pellegrinaggio è di gruppo si può sperimentare bene, a mio avviso, la Chiesa come popolo di Dio in cammino: la fede, infatti, non è un percorso in solitaria, ma un itinerario da fare con fratelli e sorelle, condividende le gioie, le cadute e le difficoltà. A tal proposito sono significative le esperienze di tutte quelle associazioni che accompagnano a Lourdes o negli altri santuari le persone ammalate. E’ un modo straordinario per ricordarci che abbiamo una responsabilità nei confronti del nostro prossimo, chiunque esso sia. Ma ci rammenta anche che nessuno è uno scarto, un pezzo venuto male, ma un fratello o una sorella da guardare con gli occhi Dio.1561351793193_speciale-tg1

Il merito dell’opera dei due registi francesi è di accostarsi al fenomeno di Lourdes senza pregiudizi e senza tesi precostituite o parzialismi come quando si parla del santuario francese limitandosi alle guarigioni o agli aspetti commerciali che vi gravitano intorno e che piaccio tanto, per non dire troppo, a certi media.

Un’annotazione, infine, su alcuni aspetti stilistici del documentario che si avvale di un montaggio efficace e di una fotografia capace di evocare i ricordi più belli per chi è stato a Lourdes, ma anche d’incoraggiare ad andarci per chi ancora non c’è stato.

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Stefano Liccioli

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