Da criticità a «locomotiva trainante» del Cammino sinodale ?

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di Antonio Lovascio · Lisbona, la Mongolia, Marsiglia. Sono tre tappe dei viaggi apostolici di Papa Francesco che segneranno in modo plastico la marcia di avvicinamento della Chiesa cattolica universale alla prima sessione della sedicesima assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, che avrà come tema “Comunione, Partecipazione, Missione” e durerà dal 4 al 29 ottobre 2023. Un momento di riflessione intermedia del Cammino sinodale e giubilare, per affrontare senza timori le “complessità” e diversità fin qui emerse nelle varie Comunità continentali. Arricchita dal patrimonio spirituale che sarà nel frattempo trasmesso dalla Fede ardente e dall’entusiasmo contagioso dei giovani protagonisti di questi tre appuntamenti, idealmente uniti da Bergoglio con un eloquente motto: ”Sperare insieme” e “Pregare insieme per la pace e la fine delle guerre”. Ripetuto più volte in Portogallo, ma scelto anche – per supportare la coraggiosa ed infaticabile diplomazia vaticana – come traccia della missione in Mongolia, il primo Paese asiatico visitato da un Pontefice, ai confini tra Cina e Russia, esteso cinque volte l’Italia, il secondo meno popolato del mondo. Agli occhi della Fede è una comunità molto piccola che sta iniziando a camminare. La religione predominante infatti è il buddismo tibetano, sebbene, in seguito ai decenni di ateismo di Stato, oltre il 30% della popolazione si dichiari tuttora non credente. 

Sperare insieme” e “Pregare insieme per la pace e la fine delle guerre” sarà naturalmente il filo conduttore anche in terra francese. Cinque sponde, trenta Paesi, un’unica volontà di dare vita a un ideale “villaggio” sensibile alla solidarietà e alla cura del Creato. Ed è a questo villaggio che il Papa farà visita a fine settembre, come già da lui stesso annunciato, quando dal 22 al 23 del mese sarà a Marsiglia dove, dal 17 al 24 si svolgerà “Rencontres Méditerranéennes”, un festival che ha per obiettivo riunire giovani di tutte le confessioni e religioni, assieme a vescovi, associazioni e movimenti dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Per dare continuità al Forum dei Vescovi e dei Sindaci tenutosi negli scorsi anni a Bari e Firenze.

Quello di Papa Francesco è un Messaggio solo apparentemente semplice. In realtà capace di calarsi nel profondo del clima di paure, incertezze, sfiducia, sentimenti di inadeguatezza e diffuso pessimismo sul futuro da parte di una generazione che dalla pandemia – lo abbiamo toccato con mano nelle nostre parrocchie ed aggregazioni ecclesiali – ha ricevuto gravi contraccolpi psicologici e che guarda ora ai foschi scenari di guerra con crescente preoccupazione. Bergoglio già a Lisbona ha compreso, con le antenne del suo cuore di Pastore, che a questi giovani, venuti ad ascoltarlo da tutto il Pianeta a prezzo di enormi sacrifici, anche economici, bisogna dare un motivo di speranza in controtendenza con la mancanza di lavoro, con la precarietà degli affetti, con la povertà crescente a causa delle guerre in Ucraina e sparse per il mondo, con devastanti squilibri economici ed ecologici. Ecco perché i giovani, da criticità possono ora diventare una “locomotiva trainante” del Cammino sinodale di una Chiesa flessibile ed universale, “con le porte sempre aperte a tutti”. Basta che le loro comunità li mettano alla prova.

Una Chiesa in ascolto, inquieta, “disinstallata”. Che ha appunto il suo vero motore nella speranza, territorio del possibile e della grazia. In definitiva, come scrive il direttore di “Civiltà Cattolica” padre Antonio Spadaro (uno dei più stretti collaboratori di Bergoglio per la Comunicazione) «il motore della speranza è il timore di non ricevere ciò che si attende, dunque il dubbio, l’incertezza, la precarietà inquieta». È la stessa «sana inquietudine» di cui parla spesso Papa Francesco. Perché «se non c’è il senso della vertigine, se non si sperimenta il terremoto, se non c’è il dubbio metodico – non quello scettico –, la percezione della sorpresa scomoda, allora forse non c’è esperienza di Chiesa». Insomma la speranza è l’unica possibilità di ”giovinezza” della Chiesa stessa. Chiamata ad un concreto, spontaneo cambiamento.

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Antonio Lovascio

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