Discriminatori o discriminati?

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di Leonardo Salutati • Lo scorso 21 giugno l’ONU ha pubblicato il Rapporto dell’esperto indipendente dell’Onu sull’Orientamento Sessuale e l’Identità di Genere (SOGI) che, di fatto, mette in discussione la libertà di religione attraverso la maggiore istituzione internazionale quale è l’ONU.

L’avvocato costaricano Madrigal-Borloz, l’esperto estensore del rapporto, afferma infatti che il concetto di un ordine naturale, che Madrigal non riconosce come dato oggettivo, come principio guida dell’esistenza umana e sociale di alcune «narrazioni religiose dominanti» e «conservatrici», «limita il pieno godimento dei diritti delle persone LGBT» (Lesbica, Gay, Bisessuale, Transgender). Di conseguenza la tutela dei diritti LGTB dovrebbe portare ad un ripensamento della disciplina sull’obiezione di coscienza in quanto produrrebbe un’erosione delle libertà fondamentali già esistenti.

Madrigal afferma che la tutela dell’autonomia delle istituzioni religiose di ogni ordine e grado, nell’amministrazione interna, nelle politiche di ammissione e nei programmi di studio, per esempio in tema di matrimonio eterosessuale, può ostacolare «l’attuazione di piani e programmi intesi a promuovere l’educazione orientata alla diversità, l’educazione sessuale onnicomprensiva e l’uguaglianza di genere».

Secondo l’esperto è urgente oggi cambiare le religioni dall’interno, attraverso il dialogo tra i leader LGBT e quelli religiosi. Da qui la raccomandazione agli Stati, per chi non si adegua al “dialogo”, di «prevenire e indagare» i «colpevoli» di discriminazioni verso gli LGBT sulla base delle «narrazioni religiose», garantendo il «risarcimento dei danni subiti», nonché di «incoraggiare le istituzioni religiose» a collaborare quando si tratta di punire loro rappresentanti “non inclusivi”. In altri termini l’esperto dell’Onu invita a non tollerare chi riconosce come dato oggettivo l’esistenza di un ordine naturale.

Nonostante le raccomandazioni di Madrigal-Borloz non abbiano carattere vincolante per gli Stati membri, tuttavia costituiscono uno strumento di pressione che si aggiunge ai tanti già in opera, sia in ambito ONU che al di fuori dell’ONU, per promuovere i cosiddetti “nuovi diritti”.

Di tali forme di pressione ne è ben consapevole la Chiesa, che già nel 1986, nella Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura delle persone omosessuali della Congregazione per la dottrina della fede, denunciava che una delle tattiche usate per esercitare pressione «è quella di affermare, con toni di protesta, che qualsiasi critica o riserva nei confronti delle persone omosessuali, delle loro attività e del loro stile di vita, è semplicemente una forma di ingiusta discriminazione» e che era in atto «in alcune nazioni un vero e proprio tentativo di manipolare la Chiesa conquistandosi il sostegno, spesso in buona fede, dei suoi pastori» (n. 9).

Al di là del fatto che se si rivendica piena libertà riguardo all’orientamento sessuale e all’identità di genere ed alle sue conseguenze, non si comprende perché la stessa libertà non debba essere garantita a chi ritiene che ogni persona umana sia caratterizzata sessualmente con precisi significati da ascrivere alla sapienza del Creatore, per i credenti, o quantomeno all’esistenza di un ordine naturale, la Lettera del 2018 smentisce le accuse di discriminazione avanzate dall’esperto.

La Congregazione per la dottrina della fede infatti, richiamando anche un altro intervento del 1975 che affrontava Alcune questioni di etica sessuale, nella suddetta Lettera sottolineava «il dovere di cercare di comprendere la condizione omosessuale» e di giudicare «con prudenza la colpevolezza degli atti omosessuali» (n. 3). Proseguiva deplorando «con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente» con comportamenti che «meritano la condanna dei pastori della Chiesa, ovunque si verifichino» e che rivelano «una mancanza di rispetto per gli altri, lesiva dei principi elementari su cui si basa una sana convivenza civile» e ricordava che la «dignità propria di ogni persona dev’essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni» (n. 10). Inoltre, nell’esprimere apprezzamento e ammirazione per la «particolare sollecitudine e la buona volontà dimostrata da molti sacerdoti e religiosi nella cura pastorale per le persone omosessuali» (n. 13), incoraggiava «i Vescovi a promuovere, nella loro diocesi, una pastorale verso le persone omosessuali in pieno accordo con l’insegnamento della Chiesa» per aiutare «le persone omosessuali a tutti i livelli della loro vita spirituale» (n. 15).

Assieme a queste indicazioni si precisava anche che «la doverosa reazione alle ingiustizie commesse contro le persone omosessuali non può portare in nessun modo all’affermazione che la condizione omosessuale non sia disordinata» (n. 10), ricordando che «la dottrina della Chiesa su questo punto non è basata solo su frasi isolate, da cui si possono trarre discutibili argomentazioni teologiche, ma piuttosto sul solido fondamento di una costante testimonianza biblica» (n.5), offrendo ulteriori e preziose indicazione sul cammino di «una persona omosessuale che cerca di seguire il Signore» (n. 12).

Dal tenore di quanto riportato appare evidente ciò che l’esperto sembra ignorare, ovvero la volontà di “non discriminare”, di accogliere e di esercitare la sollecitudine per l’ “altro”, per qualsiasi “altro”, tipica della Chiesa Cattolica. Piuttosto il Rapporto 2023 di Aiuto alla Chiesa che Soffre, pubblicato il 22 giugno, evidenzia che in quasi un Paese su tre (61 nazioni su 196) la libertà religiosa è fortemente limitata e che oggi i Cristiani, sulla base del Rapporto del 2022 sono Perseguitati più che mai e non si capisce perché, anche in questo caso, non ci sia all’ONU un rapporto di un esperto indipendente.

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Leonardo Salutati

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