Ermenegildo Florit: Giovanni. Il Vangelo dell’amore

354 500 Stefano Tarocchi
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di Stefano Tarocchi · Era cosa nota da tempo in alcuni settori del presbiterio fiorentino che il cardinale Ermenegildo Florit (1901-1985) avesse rimandato al tempo in cui era arcivescovo emerito di Firenze – Giovanni Benelli fu nominato da Paolo VI arcivescovo di Firenze il 3 giugno 1977 –,  l’opera di portare a compimento il commentario al quarto Vangelo, iniziato probabilmente al tempo in cui già era docente alla Pontificia Università Lateranense.

Lo testimonia un manoscritto di settantatré pagine, contenente il commento ai capitoli 2, 3 e 4 del Vangelo secondo Giovanni, ritrovato nel faldone che conteneva il materiale, che è stato elaborato per la pubblicazione.

La mano del cardinale aveva fatto di suo pugno più di una correzione già sull’autografo, successivamente trascritto fedelmente a macchina da un segretario: la trascrizione aveva una caratteristica che io stesso ho ben presente, avendo avuto fra le mani nei primi anni dei miei studi teologici le omelie che Florit teneva in cattedrale negli ultimi anni del suo servizio pastorale. Di norma, l’autografo era stato trascritto a macchina per facilitarne in un carattere molto più grande dell’ordinario corpo 12.

Il particolare non è di poco conto: significa che Florit, già avanti negli anni e con vista indebolita, aveva bisogno di questo supporto per leggere e rileggere, confrontare il testo greco con la Vulgata e la Neo Vulgata, introdurre sempre nuove correzioni, oltre a quelle che avevano impreziosito i quaderni autografi.

Nel volume appena uscito, grazie all’opera preziosa del prof. Gilberto Aranci, trascrivo dettagliatamente la consistenza del materiale che già da diversi stagioni è stato ritrovato nell’Archivio capitolare della Metropolitana Fiorentina.

Si noti che il capitolo 10 del Vangelo è assente, probabilmente smarrito in qualche altro faldone.

Com’è noto, già nel 1929 Ermenegildo Florit era stato «nominato docente di Sacra Scrittura (introduzione generale e speciale) presso la Pontificia Università Lateranense, dove insegnò per molti anni, ricoprendo anche il ruolo di decano della facoltà di teologia, e dal 1951 al 1954 quello di vicerettore dell’università.

L’attività scientifica e culturale svolta all’interno dell’ateneo pontificio fu di rilievo: Florit diresse la collezione di monografie Lateranum, contribuì ad elaborare gli statuti dell’università sulla linea e secondo le norme indicate dalla costituzione apostolica Deus scientiarum Dominus di Pio XI. Fu poi nominato consultore della Pontificia Commissione Biblica.

Le sue pubblicazioni hanno origine dall’insegnamento. Inerente alla disciplina generale è Ispirazione e inerranza biblica, in Opuscola biblica, II, Roma 1943. In una seconda edizione (ibid., 1951) Florit ripubblicava la parte relativa alla Ispirazione biblica. Inoltre: Parlano anche i papiriLe più recenti conferme sulla autenticità del IV Vangelo, in Opuscola biblica, I, Roma 1943, che ebbe una terza edizione nel 1951, con integrazioni sulle nuove scoperte: in particolare venivano presentati il papiro Egerton e quello biblico Rylands, sostenendo il valore critico-apologetico di questo secondo frammento.

Alle tematiche inerenti all’introduzione speciale al Vecchio Testamento è da ricondurre il lavoro De origine et auctoritate Pentateuchi (Roma 1936), a quelle relative all’introduzione speciale al Nuovo Testamento sono da attribuire in primo luogo il saggio La storia delle forme nei Vangeli in rapporto alla dottrina cattolica, in Biblica, XIV (1933), pp. 212-248, e Il metodo della Storia delle Forme” e sua applicazione al racconto della passione (Roma 1935), che rappresenta la tesi di laurea all’Istituto Biblico. In entrambi i casi la risposta apologetica all’applicazione della Formgeschichte all’esegesi dei Vangeli riprendeva i temi della ispirazione divina e inerranza che si riteneva venissero escluse dai nuovi metodi di indagine. Vanno inoltre ricordati: Il primato di Pietro negli Atti degli Apostoli, in Verbum, III, (1942) e Maria nell’esegesi biblica contemporanea, Milano 1944» (Dizionario Biografico Treccani). Nel 1954 fu nominato arcivescovo coadiutore del cardinale Elia dalla Costa, negli ultimi anni della vita di questi.

Dall’idea che mi sono fatto, ritengo che il commentario a Giovanni sia un lavoro sia da collocare in un arco temporale molto lungo della vita di Ermenegildo Florit.

Per la precisione, Florit lasciò la diocesi di Firenze nel 1977 e morì nel 1985. Quindi avrebbe avuto circa otto anni per riprendere (e concludere, salute degli occhi permettendo) il suo opus magnum, dopo il prezioso contributo al Concilio nella Costituzione sulla Divina Rivelazione, la Dei Verbum, ma non solo.

Anche ad una prima lettura, benché datato, e dal tenore fondamentalmente apologetico, questo commentario risulta tendenzialmente tecnico ed erudito, comunque aperto al percorso ecclesiale che dalla Divino Afflante Spiritu di Papa Pio XII conduceva alla Dei Verbum.

ll risultato finale serve a dare al commentario una opportuna pubblicazione, come testimonianza storica alla memoria dell’autore, ma anche del suo tempo.

Credo sia un atto dovuto alla memoria del pastore della chiesa fiorentina, che nel suo episcopato ha attraversato tempi assai complessi della storia della Chiesa italiana e della stessa arcidiocesi; e una testimonianza al lucido studioso della Sacra Scrittura, che ebbe un ruolo importante – non va dimenticato! – anche nella prima traduzione ufficiale della Bibbia della CEI (1971-1974).

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Stefano Tarocchi

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