Lo scudo digitale ed il «verminaio» del presunto dossieraggio

500 500 Antonio Lovascio
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di Antonio Lovascio · Dicono che siamo tra i dieci Paesi meglio organizzati nel prevenire e respingere gli attacchi cibernetici. Al punto che l’ultimo Cybersecurity Act statunitense riprende addirittura alcune disposizioni contenute nei decreti italiani, approvati tra il 2019 ed il 2021 (l’ultimo con l’esecutivo Draghi, dopo il clamoroso attacco hacker ai dati sanitari della Regione Lazio) per imporre misure di sicurezza sui software critici per salvaguardare il livello delle nostre libertà e la riservatezza nazionale ed atlantica. Abbiamo forse messo al riparo le maggiori Agenzie e industrie nazionali, ma non ci siamo preoccupati di affrontare con decisione i problemi della disciplina e dei controlli sulle banche-dati nel settore pubblico. Per scoprire questa falla ci voleva il presunto dossieraggio a danno di politici e Vip: oltre diecimila accessi e più di 33 mila i file scaricati dalle banche dati della Procura nazionale antimafia relative alle Segnalazioni di operazioni sospette (Sos), alcuni dei quali inviati a giornalisti; una quindicina gli iscritti nel registro degli indagati, compresi naturalmente i maggiori indiziati, il tenente della Guardia di finanza Pasquale Striano e Antonio Laudati, già sostituto alla procura nazionale Antimafia. Sono i numeri, ancora per difetto, del “verminaio mostruoso e inquietante” – così lo ha definito il magistrato Raffaele Cantone, che guida l’inchiesta del capoluogo umbro partita dall’esposto del ministro della Difesa Guido Crosetto, uno dei personaggi “spiati”, finito su un giornale – che è stata la “centrale clandestina delle informazioni riservate” coordinata appunto da Striano e scoperto prima dalla Procura nazionale antimafia e poi dalla procura di Perugia.

La nostra politica, in perenne campagna elettorale, anziché proporre e mettere in atto le più opportune ed urgenti contromisure ancor prima che fossero chiarite le responsabilità di questo “colabrodo”, si è lanciata nelle consuete strumentalizzazioni, dando perfino l’impressione – negli attacchi personali a chi ha ricoperto ruoli di vertice – di deligittimare la stessa Direzione nazionale antimafia voluta da Giovanni Falcone, per sopprimerla, invece di migliorarne le funzioni con un’adeguata legislazione.

Se le forze politiche sono distratte dalle schermaglie in vista delle prossime Elezioni europee ed amministrative, ci auguriamo che Governo e Parlamento non perdano tempo. Confidiamo che abbia un seguito di provvedimenti concreti la prima riunione tenutasi a Palazzo Chigi, presieduta dal sottosegretario Alfredo Mantovano, con la partecipazione, tra gli altri, dei massimi rappresentanti di Bankitalia, Guardia di Finanza e Polizia, per valutare le misure necessarie per prevenire accessi abusivi e fughe di informazioni in violazione della privacy. Il buonsenso e gli esperti ritengono non pensabile che possa essere attuata una scala di controllori all’infinito, ma sicuramente suggeriscono regole più rigorose di quelle vigenti e migliori controlli (con un decisore finale ) accompagnate dalla centralizzazione delle banche-dati per materia. Introducendo nuove forme di responsabilità e di sanzioni per dare maggiori garanzie ai cittadini, ma anche per tutelare il lavoro di chi, per conto di organismi dello Stato, raccoglie informazioni delicate, indispensabili per combattere il riciclaggio ed il finanziamento del terrorismo.

Il cammino virtuoso dell’informatica statale dovrebbe poi tener conto del propagarsi dell’Intelligenza Artificiale (IA) – una sfida al confine tra uomo e macchina – ormai entrata nella nostra vita quotidiana. Servono nuove regole per la sicurezza dei cittadini, sui quali gli algoritmi potrebbero incidere pesantemente, anche in campo sanitario. Il Parlamento europeo ha già approvato in via definitiva un disegno di legge (relatore l’italiano Brando Benifei) che prevede l’entrata in vigore, nel corso dell’anno, delle prime importanti norme che disciplinano la complessa materia a livello mondiale con particolare attenzione ai consumi. L’AI Act dovrebbe diventare legge ufficiale entro la metà del 2024, dopo il via libera da parte degli Stati membri dell’Ue, e le sue misure saranno introdotte gradualmente nell’arco di due anni. Gli esperti già lo vedono come dispositivo di un’Europa che mette al centro la persona. Il suo valore è come il Codice della strada, una protezione di ciò che veramente vale: la vita e la libertà degli europei.

Ecco, una volta tanto il nostro Governo, insieme al Parlamento, dovrebbe prendere esempio da Bruxelles e Strasburgo: oltre a controllare lo sviluppo e l’impatto dell’Intelligenza artificiale, urgono norme e strumenti che in tempi rapidi mettano al riparo banche dati pubbliche e la privacy individuale dalle intrusioni di chi senza scrupoli è alla ricerca d’armi di ricatto e provoca altri danni come l’inquietante “verminaio” che è sotto i nostri occhi.

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Antonio Lovascio

Tutte le storie di: Antonio Lovascio