Non è sempre vero che «pecunia non olet». Il rifiuto di Francesco

225 225 Carlo Parenti
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di Carlo Parenti · Francesco non è certo un pontefice che teme la chiarezza, la paura, i nemici. Fin dai primi giorni del suo pontificato ha lottato contro la corruzione, le spese folli di uomini di Chiesa, le opacità finanziarie degli organismi vaticani, a partire dallo IOR. Ha rifiutato compromessi e l’andare a braccetto con chi non ha tra i suoi valori una prassi coerente con il messaggio evangelico e con la dottrina sociale della Chiesa. Dichiarò che sognava una “Chiesa povera per i poveri”.

In pochi gli credettero, e fu proprio da quel momento che alcuni esponenti della Curia e dell’alto clero incominciarono a diffondere critiche velenose contro il nuovo Pontefice. – osserva Antonio Gaspari su Politica Insieme del 23 gennaio scorso- Lo scetticismo sulle reali capacità di Papa Francesco di riuscire nella battaglia per liberare la Chiesa dalla corruzione è svanito nel corso degli anni”.

Si pensi, a riprova, alla clamorosa condanna, del dicembre scorso, di Angelo Becciu, già sostituto della Segreteria di Stato, che è stato condannato dal Tribunale vaticano a cinque anni e sei mesi di reclusione, più l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e 8000 euro di multa, perché riconosciuto colpevole di due capi d’imputazione per peculato e uno per truffa. È la prima volta che un cardinale viene condannato in Vaticano da giudici laici.

Ma il papa non finisce di stupire.

Secondo quanto riferito ad inizio d’anno dalle agenzie di stampa e molti giornali – e non smentito- l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, di proprietà del Vaticano, ha rinunciato a un milione e mezzo di euro offerto da Leonardo, società pubblica italiana attiva nei settori della difesa, dell’aerospazio e della sicurezza. La donazione sarebbe stata destinata all’acquisto di macchinari di ultima generazione per curare bambini affetti da malattie rare.

Per i vertici dell’ospedale vaticano, la “donazione è inopportuna” in un periodo in cui il mondo è alle prese con guerre sanguinose che Papa Francesco denuncia ogni giorno. Una denuncia che si estende alle industrie belliche, che fanno profitti con la vendita di armamenti.

Leonardo, che ogni anno destina contributi a iniziative umanitarie e ospedali, ha respinto ogni coinvolgimento con i conflitti in corso: “In tutti i teatri di guerra in corso, a partire dall’Ucraina e dal Medio Oriente, non c’è nessun sistema offensivo di nostra produzione. Noi lavoriamo per la sicurezza con sistemi all’avanguardia, droni per la vigilanza, ma niente armi“.

Osservo peraltro che questo viene smentito (vedi) da Sbilanciamoci, che riunisce dal 1999 ben 51 organizzazioni e reti della società civile italiana. (vedi). Secondo quanto sostenuto, nella guerra di Israele contro la popolazione palestinese non solo sono presenti armi di Leonardo, ma queste sarebbero state impiegate in azioni di bombardamento indiscriminate su aree urbane densamente abitate.

Comunque, Leonardo produce velivoli militari e da combattimento, cannoni con Oto Melara, sistemi di combattimento, elettronica per la sicurezza, ecc, ma generalmente usa pudicamente la definizione di “sistemi di difesa” e dice che vende a vari “ministeri della difesa” nel mondo. Va però riconosciuto che la produzione è anche relativa a settori civili con prodotti d’avanguardia; questi possono essere anche usati in teatri bellici.

La donazione sarebbe stata assai importante per il Bambin Gesù, perché da sola valeva il 25% delle liberalità private che arrivano ogni anno all’ospedale dei bambini. (Osservo però che nello scorso novembre si stimava che nel 2023 Leonardo abbia fatturato circa tra almeno 12,2 e al massimo 15 miliardi di €, avendo poi in portafoglio ordini futuri per oltre 40 miliardi. Quindi 1 milione e mezzo rappresenta al minimo un decimillesimo del fatturato. Sarebbe come se su una pensione annua di 10.000 € venga donato 1 euro. Ma di solito le persone sono molto più generose…no comment!!! – si sappia che In Italia 9.883.267 pensionati (il 55,8%) ricevono meno di 750 euro al mese)

Tra la donazione (molto modesta per il donante) e l’immagine di una Chiesa coerente, il Vaticano ha scelto!

Del resto, tanto Benedetto XVI, quanto Francesco sull’evangelizzazione hanno spesso affermato: “la Chiesa non fa proselitismo. Essa si sviluppa piuttosto per attrazione, cioè per testimonianza”, ovvero con l’esempio nella coerenza.

Non c’è da meravigliarsi dunque per il rifiuto del papa. Bergoglio, infatti, sin da quando ha parlato della “terza guerra mondiale a pezzetti” ha sempre denunciato gli interessi dei produttori di armi, “lo scandalo delle spese per le armi” e che lo “spendere in armi sporca l’anima, sporca il cuore, sporca l’umanità”. “La guerra è sempre una sconfitta – diceva nel novembre scorso – soltanto guadagnano i fabbricatori di armi”.

Da ultimo ha ribadito la contrarietà alla guerra nell’omelia per la messa nella notte di Natale 2023 (vedi) e poi con il messaggio del 25 dicembre, “urbi et orbi”, dalla Loggia Centrale della Basilica di San Pietro (vedi).

Nell’Omelia il papa ha affermato. “In questa notte[…]non vediamo un dio adirato che castiga, ma il Dio misericordioso che si incarna, che entra debole nel mondo, preceduto dall’annuncio «sulla terra pace agli uomini» (Lc 2,14). E il nostro cuore stasera è a Betlemme, dove ancora il Principe della pace viene rifiutato dalla logica perdente della guerra, con il ruggire delle armi che anche oggi gli impedisce di trovare alloggio nel mondo (cfr Lc 2,7)”.

Fratelli e sorelle, stanotte possiamo chiederci: noi in che Dio crediamo? Nel Dio dell’incarnazione o in quello della prestazione? Sì, perché c’è il rischio di vivere il Natale avendo in testa un’idea pagana di Dio, come se fosse un padrone potente che sta in cielo; un dio che si sposa con il potere, con il successo mondano e con l’idolatria del consumismo. Sempre torna l’immagine falsa di un dio distaccato e permaloso, che si comporta bene coi buoni e si adira coi cattivi; di un dio fatto a nostra immagine, utile solo a risolverci i problemi e a toglierci i mali. Lui, invece, non usa la bacchetta magica, non è il dio commerciale del “tutto e subito”; non ci salva premendo un bottone, ma Lui si fa vicino per cambiare la realtà dal di dentro. Eppure, quanto è radicata in noi l’idea mondana di un dio distante e controllore, rigido e potente, che aiuta i suoi a prevalere contro gli altri! Tante volte è radicata in noi questa immagine. Ma non è così: Lui è nato per tutti, durante il censimento di tutta la terra[…]“Dio… è compassione e misericordia, onnipotente sempre e solo nell’amore. Si fa vicino, si fa vicino, tenero e compassionevole, questo è il modo di essere di Dio: vicinanza, compassione, tenerezza”.

Francesco poi, “nel messaggio “urbi et orbi”, ha lanciato una sorta di ‘dichiarazione di guerra alla guerra’:

Nella Scrittura, al Principe della pace si oppone «il principe di questo mondo» (Gv 12,31) che, semina morte[…]dire “sì” al Principe della pace significa dire “no” alla guerra, e questo con coraggio: dire “no” alla guerra, a ogni guerra, alla logica stessa della guerra, viaggio senza meta, sconfitta senza vincitori, follia senza scuse. Questo è la guerra: viaggio senza meta, sconfitta senza vincitori, follia senza scuse. Ma per dire “no” alla guerra bisogna dire “no” alle armi. Perché, se l’uomo, il cui cuore è instabile e ferito, si trova strumenti di morte tra le mani, prima o poi li userà.

E come si può parlare di pace se aumentano la produzione, la vendita e il commercio delle armi? Oggi, come al tempo di Erode, le trame del male, che si oppongono alla luce divina, si muovono nell’ombra dell’ipocrisia e del nascondimento: quante stragi armate avvengono in un silenzio assordante, all’insaputa di tanti! La gente, che non vuole armi ma pane, che fatica ad andare avanti e chiede pace, ignora quanti soldi pubblici sono destinati agli armamenti. Eppure, dovrebbe saperlo! Se ne parli, se ne scriva, perché si sappiano gli interessi e i guadagni che muovono i fili delle guerre”

Isaia, – ha aggiunto il papa- che profetizzava il Principe della pace, ha scritto di un giorno in cui «una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione»; di un giorno in cui gli uomini «non impareranno più l’arte della guerra», ma «spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci» (2,4). Con l’aiuto di Dio, diamoci da fare perché quel giorno si avvicini!”. Un tema centrale, questo, nella vita del venerabile Giorgio La Pira.

Dopo aver ricordato e implorato la pace in Israele e Palestina, Siria, Yemen, Libia, Ucraina, Armenia e Azerbaigian, Sahel, Corno d’Africa, Sudan, Camerun, Repubblica Democratica del Congo, Sud Sudan, penisola coreana, ha così concluso:

Fratelli e sorelle, si avvicina il tempo di grazia e di speranza del Giubileo, che inizierà tra un anno. Questo periodo di preparazione sia occasione per convertire il cuore; per dire “no” alla guerra e “sì” alla pace; per rispondere con gioia all’invito del Signore che ci chiama, come ancora profetizzò Isaia, «a portare il lieto annuncio ai miseri, / a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, / a proclamare la libertà degli schiavi, / la scarcerazione dei prigionieri» (Is 61,1).

Queste parole si sono compiute in Gesù (cfr Lc 4,18), nato oggi a Betlemme. Accogliamolo, apriamo il cuore a Lui, il Salvatore! Apriamo il cuore a Lui, il Salvatore, che è il Principe della pace!”.

Tutto quanto sopra porta a dire che: È vero che per Francesco…pecunia olet !

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