di Carlo Parenti · In questi giorni in cui la pandemia del COVID-19 sconvolge il mondo con tante vittime e gravi sofferenze per le persone tutte – senza…distinzioni di censo, genere, colore della pelle, credo religioso e politico – molti pongono una domanda: “Dov’è Dio in questi momenti?”.
La risposta la trovo in un colloquio che don Giulio Facibeni, dichiarato venerabile da papa Francesco lo scorso dicembre, ebbe con don Corso Guicciardini. Lo stesso don Corso, un nobile che ha rinunciato alla grande ricchezza della sua casata per seguire Cristo, me lo ha raccontato.
“Quando il Padre tornava mi raccontava che cosa aveva detto nelle omelie delle messe. Ce ne erano anche tre in una giornata. «Lo sai di cosa ho parlato? Ho parlato di quel che dice Peter Lippert ». Questi era un gesuita [e teologo tedesco vissuto dal 1879 al 1936] che aveva scritto un libro di meditazione al riguardo della sua esperienza di Dio. Lippert guarda le macerie di una città tedesca, alte anche venti metri. Tutto, tutto distrutto. Lo scrittore continua: «Dio dove sei, dove sei Dio; non Ti vedo! Sei scomparso, è tutto distrutto, tutto!». Però la meditazione seguita e lui scopre che Dio è nelle sue braccia, nelle sue mani, nei suoi occhi, nella sua mente e nel suo cuore. «Ecco dove sei Dio! Sono io, sono io che devo diventare strumento della Tua azione, della Tua volontà di salvezza, del Tuo amore». Questo l’ho sentito raccontare dal Padre direttamente e lo ripeteva. Qui il Padre si sentiva nel suo ambiente. Quando diceva queste cose lui sentiva respirare la sua anima. C’era poco da fare! Perché era un pastore. Era stato chiamato a nutrire le anime”
Don Facibeni, provato dalla tragedia della prima guerra mondiale non riuscirà più a dimenticare le tragedie, le violenze, il sangue versato, la vista della morte di tanti giovani. Trova una risposta a tanti orrori nel diventare umile strumento dell’azione, della volontà di salvezza, dell’amore di Dio col quale era in mistica unione.
Ebbene questa è la risposta alla domanda di questi giorni ed è la ricetta che vale –sembra difficile dirlo- anche per i non credenti.
Oggi, nella nostra società dove l’apparire è più importante dell’essere, dove la formazione della personalità avviene addirittura anche per mezzo di tecniche che vengono insegnate al fine specifico di sopraffare il prossimo nell’esaltazione suprema del sé, del proprio egocentrismo, risulta quasi incomprensibile il cammino spirituale di don Facibeni e di don Guicciardini. Uomini che per tutta la vita hanno inseguito l’annientamento del proprio io nella carità e nella misericordia fino ad accettare di essere servi inutili in una tensione di anime che «ottengono la vittoria su se stessi, dominando le passioni […] stroncando il proprio io». Ma questa rinuncia ha generato «fatti e non parole» per tante «povere creature» che soffrivano la «miseria e l’abbandono». davvero gli ultimi.
Ed oggi “ultima” si avvia ad essere tutta l’umanità.
In pratica tutto ciò significa che essere cristiani non è chiedere a Dio quello che noi vogliamo da Lui, ma è fare quello che Lui vuole da noi. Spogliarsi di tutto per essere suoi strumenti di misericordia e carità.
Ha detto Francesco: “Gesù è il dono di Dio per noi e, se lo accogliamo, anche noi possiamo diventarlo per gli altri – essere dono di Dio per gli altri – prima di tutto per coloro che non hanno mai sperimentato attenzione e tenerezza. Ma quanta gente nella propria vita mai ha sperimentato una carezza, un’attenzione di amore, un gesto di tenerezza?”( Udienza Generale di mercoledì, 27 dicembre 2017)
Questo lo stanno facendo a rischio della propria vita i medici e gli infermieri (donne e uomini) delle rianimazioni e degli ospedali, i medici di famiglia, i lavoratori che assicurano i beni necessari, tutti coloro che comunque aiutano gli altri in questi momenti difficili.
Facciamolo anche noi nei nostri contesti, per modesti che siano. Per le vite di tutti noi, insieme. Tra poco è Pasqua! Vorrà pur dirci qualcosa.