“Concezione mistica dell’antropologia” di Fernando Rielo

170 264 Dario Chiapetti
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di Dario Chiapetti • È possibile una visione intelligente del fenomeno “uomo” che tenga conto di tutti i suoi aspetti che fenomenologicamente si danno a qualsiasi osservatore minimamente attento e che non voglia censurare nulla per non scadere nelle riduzioni che già Guardini aveva individuato e cioè a materia, a forma dello spirito assoluto, a momento della totalità sociale, a ente personale autosussistente, a frutto delle necessità delle leggi universali o a assoluta libertà?

“Concezione mistica dell’antropologia” (ed. San Paolo, 2014) è un testo dello scrittore spagnolo Fernando Rielo (1923–2004), fondatore dell’Istituto di Cristo Redentore di missionari Identes, fondazioni culturali, umanitarie e autore di una vasta opera poetica, filosofica e teologica ancora in gran parte inedita in lingua originale e di cui il presente testo è il primo editato in italiano e che raccoglie appunti che i membri della scuola hanno raccolto durante le sue lezioni. 

Tale volume non vuole essere un testo di antropologia teologica bensì una riflessione che, a partire sì da una particolare visione teo-antropologica, cerca di includere e armonizzare riflessioni scaturenti dai dati forniti dalle scienze esatte così come risulta chiaro dall’impianto di pensiero complesso, non sempre di facile comprensione e espresso con terminologia del tutto singolare. “L’antropologia – afferma Rielo – deve essere integrale e richiede una definizione trascendente dell’essere umano, capace di dare unità, direzione e senso a tutti i suoi livelli […] e dimensioni”.

L’Autore parte dall’esposizione di un’antropogenesi dalla quale perviene a una definizione dell’uomo per poi affrontare il suo carattere peculiare: il suo essere mistico; successivamente affronta gli aspetti che ne conseguono: la capacità umana di ‘visione’ della realtà, l’ascetica, la preghiera e la coscienza filiale, vera “chiave antropologica”. 

Dopo “il big bang della materia” (della vita vegetativa, del tempo e dello spazio fisici) e “il big bang della vita” (della vita psichica, degli esseri animati) la vita stessa si apre all’ingresso in scena dello spirito, il quale definisce l’uomo trascendentalmente come “spirito psicosomatizzato definito dalla divina presenza costitutiva dell’Assoluto”. Tale visione antropologica è fortemente unitaria: l’uomo non è un accostamento di corpo, anima e spirito ma uno spirito che ‘assume’ il corpo e l’anima: “non abbiamo dunque tre vite […] ma una vita spirituale o coscienziale che assume il carattere psichico della vita animica e il carattere somatico della vita organica”. Peculiare è proprio il ruolo decisivo e specifico rappresentato nell’uomo dalla “divina presenza costitutiva dell’Assoluto” che è “concreazionale” (accompagna la creazione dello spirito) e “principio attuale ed epistemico” (agisce in modo tale che l’uomo risponda nell’ordine dell’essere e del conoscere).

 Rielo approfondisce quindi la riflessione individuando e considerando i due elementi che vanno a costituire la configurazione ontologica della persona: quello creato, la natura umana di uno “spirito psicosomatizzato” e quello increato, “infuso che rende l’essere umano ontologica o mistica deità ad immagine e somiglianza della divina o metafisica Deità”. Questo secondo elemento è proprio la natura mistica dell’uomo – oggetto principale della riflessione di Rielo – che lungi dall’essere intesa come fenomeno comportante fughe dalla vita o speculazioni irrazionali consiste nell’“esperienza e impegno spirituale quando questi sono risposta attiva all’azione divina”. L’Ascesi – atto umano di elevazione a Dio – e mistica conducono infine l’uomo a vivere la sua filiazione costitutiva che è un vero e proprio “patrimonio genetico”: la tendenza dell’essere all’infinito, a “essere+” – singolare concetto che meriterebbe forse un approfondimento in relazione al concetto univoco di ‘essere’ – ecco che si giunge alla definizione di ‘persona’ evinta dalla teologia trinitaria che – ancora curiosamente in Rielo – si scinde da un lato, sul piano dianoetico, come struttura binitaria ovvero come “qualcuno in qualcuno” in immanente complementarietà intrinseca (non è tale espressione a guardar bene già trinitaria?); dall’altro, sul piano ipernoetico, come struttura trinitaria ovvero come “il Padre che genera il Figlio, il Figlio che porta al Padre, lo Spirito che è inviato dal Padre e procede dal Padre e dal Figlio”.

È degno di nota il tentativo di Rielo di porre attenzione sulla questione teo-antropologica e del suo rapporto con le scienze, è apprezzabile lo sforzo profuso per la costruzione del suo così complesso impianto filosofico-teologico dove è dato grande spazio alla concettualizzazione e a una rigida sistematizzazione schematica dei dati che certo poco spazio lascia alla riflessione fenomenologica del darsi dell’uomo e alla mistica (su cui tanto Rielo in verità intende puntare l’attenzione) come ‘visio Dei’, esperienza visiva-estetico-estatica e criterio ermeneutico, fattore ‘scientificamente’ conoscitivo dell’uomo.

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Dario Chiapetti

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