“La sfida della misericordia” di W. Kasper.

140 200 Dario Chiapetti
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cardinal-walter-kasperdi Dario Chiapetti Quaestio per lo più inesplorata in teologia, la Misericordia, il cui inveramento nella vita di ogni uomo è tanto desiderato quanto visto con circospezione, coinvolge globalmente e interpella esistenzialmente l’umanità; essa è segno di contraddizione per l’uomo, per il cristiano e per Dio stesso, così come Osea ha messo in luce descrivendo il combattimento, in Dio, tra la volontà di usare giustizia e quella di usare misericordia nei confronti del popolo infedele: “il mio cuore si rivolta contro di me” (Os 1,8).

Il tema è di grande importanza per il legame interno che esperienzialmente si intuisce sussistere tra misericordia e felicità; è per tale connessione che il magistero post-conciliare e la teologia, come quella di W. Kasper, ha posto l’attenzione a tale categoria, elaborandone una visione di cui è possibile trovare un quadro in La sfida della misericordia (Qiqajon 2015) e della quale si cerca ora di rielaborarne sinteticamente le linee portanti.

Un primo rilievo concerne la necessità di evidenziare la connessione del concetto di misericordia col volto di Dio. Ciò appare evidente in tutte le religioni; nella rivelazione cristiana tuttavia compare un elemento originale. Già nell’Antico Testamento la parola misericordia risulta il contenuto, anche se non esplicito, del nome stesso di Dio, il quale, a sua volta, costituisce lelemento che svela la stessa divina identità. Tutta l’economia della salvezza trova pertanto il suo principio ermeneutico unificante nella misericordia: Dio è misericordia; lo è a livello intra-trinitario nel reciproco e eterno scambio d’amore tra le ipostasi divine; lo è ad extra, nel far essere la creazione per il desiderio di renderla partecipe della sua stessa vita; nel concedere nuova possibilità a Adamo; nell’episodio del Diluvio; della torre di Babele; nell’elezione di Abramo e del popolo d’Israele per arrivare a comunicarsi a tutte le nazioni; nel concedere sempre nuove chances al popolo infedele; nell’assumere tutto l’uomo, col suo dramma e il suo peccato, per mezzo dell’invio del suo Figlio; sommamente nell’evento della croce: nell’apparente paradosso del Padre che abbandona il Figlio e del Figlio che abbandona lo Spirito per il desiderio viscerale di toccare l’uomo fino al fondo del suo dramma, la morte. Dio, l’Essere, si fa non-Essere, cioè non-Dio, si auto-annienta per com-passione verso la sua creatura. La kenosi del Figlio dice la dinamica per cui egli si svuota facendo spazio in sé affinché l’altro possa esistere in lui, figlio nel Figlio. Dio poi è misericordia nell’evento della risurrezione, ascensione e della kenosi dello Spirito.

Lo Spirito è la Persona divina che più delle altre dice la natura kenotica di Dio: egli esiste proprio nel suo totale rimandare al Padre e al Figlio; la sua kenosi dice la dinamica per cui, Egli, dall’interno dell’uomo, comunicandogli la Sua natura, lo inserisce nel dinamismo trinitario. La natura di Dio è abiezione di essa per l’altro; la Chiesa, umanità già partecipe di tale natura, è chiamata a renderla sempre più visibile. Si capisce allora come il richiamo alla misericordia interessi l’essenza di Dio, e di conseguenza l’essenza del mondo. Il mondo sussiste continuamente in virtù dell’eterna misericordia, auto-abnegazione dell’Essere. La misericordia non è quindi un attributo di Dio ma l‘attributo, la verità della realtà, delle realtà.

Ecco arrivati a un secondo rilievo di capitale importanza. La tensione dialettica, per non dire l’opposizione, tra misericordia e verità, tra misericordia e giustizia sono a ben guardare falsi problemi filosofici, teologici, politici, etc. La misericordia non è una categoria il cui significato sta sullo stesso piano ontologico della verità o della giustizia; essa, essendo l’essenza dell’Essere, è perciò il principio ermeneutico da assumere per comprendere ogni altro oggetto o categoria nella luce in cui sussistono. Qualsiasi società non può rinunciare a strutturarsi sul principio di giustizia; al contempo non può escludere, né imporre, il principio della misericordia. Inoltre, ancor di più, la misericordia deve essere il principio interpretativo per concepire la giustizia. In tal senso, in Dio e, per analogia e partecipazione, nel creato, la giustizia è la misericordia; la quale non si declina in un atteggiamento lassista ma che – su un piano pastorale o sociale – dà sempre all’altro una nuova possibilità di riscattarsi in virtù della dignità di persona che nessun peccato o reato può cancellare.

Misericordia è contenuto e metodo dell’essenza e dell’agire divino e umano: è amore reciproco fra i Tre; uscita da sé per tale eccesso d’amore; assunzione dell’altro; condivisione; in-formazione della natura umana da parte di quella divina.

Il discernimento dei segni dei tempi chiede di comprendere che la partecipazione a tale dinamica è ciò che di più urgente ci sia, così come traspare dall’insegnamento di Giovanni XXIII a quello di Francesco, e la nuova fase di ricezione del Vaticano II iniziata con quest’ultimo, di cui parla Kasper, ne lascia intravedere già i suoi frutti.

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Dario Chiapetti

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