L’altezza della vocazione di fedeli in Cristo. Teologia morale e spirituale in dialogo

126 200 Gianni Cioli
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DSC_00di Gianni Cioli • Paolo Carlotti, ordinario di teologia morale presso la Facoltà di Teologia dell’Università pontificia salesiana ha prodotto alcuni anni fa un testo sul quale vale la pena di tornare: L’altezza della vocazione di fedeli in Cristo. Teologia morale e spirituale in dialogo (Las, Roma 2008). Il titolo riprende la nota affermazione programmatica di Optatam totius 16 a proposito del compito della teologia morale: illustrare «la grandezza della vocazione dei fedeli (…) e il loro obbligo di apportare frutto nella carità per la vita del mondo». Il decreto del Vaticano II raccoglieva le istanze più significative del rinnovamento della teologia preconciliare che auspicava, fra l’altro, una morale maggiormente fondata nella Scrittura e non più separata dalla spiritualità. Lo sviluppo postconciliare della ricerca non sempre è riuscito a operare una sintesi armonica. Morale e spiritualità rischiano, a tutt’oggi, di apparire realtà giustapposte nell’ambito della ricerca scientifica come pure nel vissuto del popolo di Dio.

Carlotti nel suo libro, breve ma denso, opera alcuni significativi saggi intorno al dialogo fra le due discipline raccogliendo e strutturando in quattro capitoli, studi in parte già pubblicati, in parte inediti.

Il primo capitolo affronta un tema fondamentale per la riflessione in oggetto: Lo Spirito Santo e la vita morale cristiana. L’attenzione all’opera dello Spirito nella vita del credente pone le premesse per un impegno etico nell’autentica libertà personale, pienamente autonomo e al tempo stesso non prigioniero della propria autoreferenzialità: «Il soggetto (…), che così si plasma lasciandosi configurare dallo Spirito, è una persona profondamente unificata, unitaria in se stessa, capace di possedere la padronanza delle proprie risorse e delle proprie possibilità. Non è più un soggetto disperso spaesato e senza fissa dimora» (p. 44).

Il secondo capitolo, Lectio divina ed esperienza morale, affronta il tema capitale dell’apporto della Scrittura nella riflessione morale focalizzandolo nella prospettiva dell’etica della prima persona. La parola di Dio è il luogo di una esperienza vitale ancor prima di essere un’autorità normativa. Il rapporto cordiale e intenso con la Parola «implica ed esige una logica che punta verso un’etica di quei significati del vivere, che esigono non solo un’opera ma una persona e, nello stesso tempo una responsabilità che si faccia carico, non solo di una prestazione, ma di una generazione, di una generazione di sé» (p. 69).

Il terzo capitolo costituisce il cuore dell’indagine: Teologia morale e teologia spirituale. La questione del rapporto fra le due discipline viene affrontata da un punto di vista eminentemente epistemologico. Dopo aver denunciato, a questo proposito, il rischio sempre presente di un riduzionismo epistemologico nella elaborazione delle singole discipline teologiche Carlotti passa a delineare la teologia morale come scienza speculativa pratica evidenziando la distinzione e al tempo stesso la necessaria corrispondenza fra lex credendi e lex vivendi. Sia la teologia morale che quella spirituale ineriscono alla razionalità pratica. L’indagine storica ci fa prendere atto della dannosa separazione che si è consumata tra le due discipline. La riflessione sistematica di Carlotti ci aiuta a riconoscere la profonda unità che deve sussistere fra teologia morale e spirituale fornendo al contempo criteri per una necessaria distinzione. Quest’ultima non andrebbe ricercata, secondo l’autore, «a livello di formalità di prospettiva epistemologica» e nemmeno «a livello di materialità dell’oggetto studiato», bensì in «un’articolazione e una suddivisione interna della materia (…) ascrivendo alla teologia spirituale l’ambito di studio teologico di biografie riuscite di vita cristiana, quasi una teologia della storia e dei santi cristiani» (pp. 103-104).

Il quarto e ultimo capitolo focalizza opportunamente l’attenzione sui Riflessi etici e spirituali del metodo teologico. Si tratta di una riflessione sulla necessità per il teologo di prendersi cura del proprio spessore morale e spirituale. Ogni impresa intellettuale è infatti «opera di tutta la persona ed ogni suo aspetto vi è coinvolto, soprattutto nel modo in cui essa ne fa oggetto di decisione morale». E, se l’acutezza e la perspicacia intellettiva necessitano in genere del coinvolgimento tutto l’essere umano, la scienza teologica ha bisogno, in specie, «di una morale della grazia, e il teologo ha bisogno della memoria continua della gratuità e di un agire che ne porti una traccia indelebile» (p. 130). Particolarmente stimolanti appaiono le considerazioni di Carlotti sulla tentazione dell’accidia, sull’importanza dell’attitudine al dialogo e sulla necessità della preghiera per il teologo.

Il saggio si conclude con una Bibliografia essenziale, utile a chiunque voglia approfondire questioni e soluzioni che la lettura dei quattro capitoli avrà permesso di cogliere.

Si tratta in effetti, come si detto, di un testo essenziale ma denso e di spiccato taglio epistemologico, capace di suscitare molteplici domande e di tratteggiare al contempo possibili risposte al lettore disposto a misurarsi con la fatica del concetto. Il merito maggiore del libro è quello di richiamare l’attenzione su problematiche di fondamentale importanza, e tutt’altro che risolte, per la riflessione e l’esistenza cristiana.

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