Impegno ecclesiale, politico e culturale del Padre Ernesto Balducci. Il suo ricordo nel centenario della nascita

220 208 Francesco Romano
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di Francesco Romano • Sono trascorsi esattamente cento anni dalla nascita del Padre Ernesto Balducci, avvenuta a Santa Fiora, un Borgo del Monte Amiata, il 6 agosto 1922. Intellettuale di spicco, fin da giovane è stato parte essenziale del mondo culturale. Laureatosi in Lettere nel 1950 con Attilio Momigliano discutendo una tesi su Fogazzaro, Padre Balducci fondava un circolo Umanistico Cristiano insieme a Giorgio Luti, ma la sua frequentazione si estendeva a Giovanni Papini, Piero Bargellini, Nicola Lisi, Benvenuto Matteucci e Giorgio La Pira che riuscì a orientare i suoi interessi dalle tematiche letterarie a quelle sociali e politico-culturali.

La sua collaborazione con La Pira inizia verso la fine degli anni Quaranta e si esplica prevalentemente nei gruppi giovanili della S. Vincenzo nel cui ambiente conosce Gian Paolo Meucci. In questi gruppi la sensibilizzazione ai problemi sociali e politici avveniva tramite l’esperienza del rapporto diretto con i poveri. Da questo ambiente sarebbe sorto nei primi anni Cinquanta «Il Cenacolo», caratterizzato da un impegno caritativo di tipo nuovo che tendeva a superare i moduli assistenziali e prevedeva una formazione religiosa, teologica e spirituale impegnativa, con un’attenzione forte ai problemi politico-sociali. Emerge in quest’esperienza la capacità educativa del P. Balducci e la sua attenzione alla formazione dei giovani.

Con un gruppo di collaboratori legati al “Cenacolo”, nel 1958 Balducci fonda la rivista “Testimonianze” e affronta un’attività pubblicistica su temi ecclesiologici richiamando a una fede fondata sul valore della testimonianza, secondo il modello dei Piccoli Fratelli di Charles de Foucauld. Questo impegno ecclesiale e sociale comporta per Padre Balducci l’esilio a Frascati che però gli offre l’occasione di seguire da vicino gli eventi legati al Concilio e di impegnarsi nell’approfondimento partecipando al dibattito conciliare

Padre Balducci non si sottrae alle prese di posizione e alle conseguenti polemiche, tra queste la difesa per l’obiezione di coscienza pubblicata in un articolo nel 1963 sul “Giornale del Mattino”, come aveva fatto Lorenzo Milani, che gli costa la condanna per apologia di reato e la denuncia al Sant’Uffizio.

Grazie all’intervento di Papa Paolo VI, il P. Balducci nel 1965 lascia l’esilio e rientra alla Badia Fiesolana, nella diocesi di Fiesole, ma non può tornare a Firenze. Negli anni Settanta fu uno degli artefici del dialogo con il mondo legato al Partito Comunista Italiano in nome dell’abbattimento di molte frontiere culturali e politiche

Negli anni Ottanta fu un leader ascoltato nella campagna per il disarmo. Attraverso la rivista Testimonianze promuove i convegni intitolati “Se vuoi la pace prepara la pace” e nel 1986 fonda la casa editrice Edizioni Cultura della Pace (ECP). La sua riflessione diviene più vasta e ricca di articolazioni, tesa a dare forti basi culturali a un nuovo “umanesimo planetario”. L’impegno intellettuale e organizzativo del P. Balducci è ormai un progetto ambizioso di rilettura e comprensione globale della realtà contemporanea all’interno di un paradigma culturale basato sul rafforzamento di una nuova cultura della pace.

Padre Ernesto Balducci muore nel 1992 all’età di 70 anni, a seguito di un grave incidente stradale. Nello stesso anno gli è stato conferito il Premio Nazionale Cultura della Pace “alla memoria”.

In un volume esile solo per forma, ma non per contenuto, sono state raccolte e pubblicate le “conversazioni” di Padre Balducci tenute alla televisione nel 1965. Le meditazioni di Padre Balducci coprono l’anno liturgico, il tempo di attesa dedicato alle dominiche di Avvento; il tempo d’Incarnazione per il tempo di Natale; il mistero dell’uomo; la Quaresima incentrata sulle domeniche di Passione, il tempo di Risurrezione.

Nella sezione intitolata “Il mistero dell’uomo” Padre Balducci offre una meditazione intitolata “Lo scandalo dell’intelligenza”. L’uomo per sua natura tende a Dio e per quanto egli abbia accettato formalmente la Rivelazione cristiana però non appena si riaffida a se stesso riprende il suo viaggio verso Dio sulle vie suggerite dalla natura umana che non coincidono con le vie lungo le quali la misericordia di Dio ha camminato verso di noi e ci ha salvato.

Le vie suggerite dalla natura umana sono quelle dell’intelligenza, oppure sono gli slanci del cuore per cercare Dio lungo la scala fragile della bellezza. Le cose belle danno un’emozione al cuore che ha sempre una certa vibrazione religiosa. Quando poi la bellezza tocca l’ordine delle realtà morali, essa ha un aspetto simile a quello della preghiera. Chi ama la bellezza spirituale è in costante atteggiamento di preghiera.

Dio non ha scelto queste vie perché non è venuto verso di noi lungo la scala fragile della bellezza. Non è venuto verso di noi con lo stupendo fulgore degli spettacoli della natura. Certo, Egli di tanto in tanto ha toccato con la sua onnipotenza il ritmo delle leggi di natura e le ha fatte come saltare di gioia.

La via di Dio è la via dell’umiliazione e il perché di questo è detto con certezza dalla Rivelazione: il mistero primo è che Dio ci ha amato non cercando una pienezza fuori di sé, come quando l’uomo ama. Il suo amore non cammina con i nostri piedi, non ha i nostri slanci. Quando Dio ama non sale come noi saliamo quando amiamo, ma scende perché Dio non può salire oltre se stesso.

Dio ci ama umiliando se stesso, scendendo dall’alto della sua perfezione e bellezza infinita, vestendosi della nostra umiltà. Questo annientamento di Dio è il nocciolo del mistero cristiano. Le vie dell’amore di Dio sono le vie dell’umiliazione. L’amore ha una sua logica perciò Dio ha avuto con noi questo gesto stupendo e misterioso che chi crede trova motivo di commozione e chi non crede trova occasione di scandalo. Non è vero che chi è intelligente non può credere. Chi ha intelligenza senza amore non crede. Non è vero che l’intelligenza è un ostacolo alla fede, è l’intelligenza sprovvista di amore che è un ostacolo.

I cristiani cercano il loro Dio non già schiacciando l’intelletto, ma portando l’amore oltre l’intelletto in una dedizione che Dio ha compiuto verso l’uomo. Se Dio fosse venuto dinanzi a noi nel suo fulgore, con la sua pienezza, l’uomo avrebbe accettato Dio senza un grammo di amore attraverso la costrizione dell’evidenza oggettiva.

Dio cammina accanto a noi povero, umile, velato, nella Chiesa, dalla miseria degli uomini della Chiesa, di noi che siamo la Chiesa.

Come si fa a scoprire Dio in questa sua presenza senza bellezza né decoro, qual è la forza che ci porta oltre le legittime titubanze dell’intelletto? È l’amore! L’amore di Dio verso di noi, l’amore nostro verso di Lui si incontrano nell’atto di fede. L’amore è il senso di tutte le cose. Tutto passerà, finirà la storia umana, la scienza sarà come una favola già raccontata e senza senso e rimarrà permanente nell’infinito mistero di Dio anche l’amore umano: goccia di acqua calata nel calice del liquore di Dio, trasfusa nella santità, nella bellezza dell’amore di Dio.

Saremo con l’amore di Dio una cosa sola senza perdere la nostra sussistenza, la nostra distinzione da Lui: questo è l’intimo segreto del mistero cristiano. Perciò fissando il mistero della passione di Cristo, fissiamo nel cuore questa grande e luminosa idea da cui scende luce anche alla nostra vita quotidiana: Dio ci ha tanto amato facendosi piccolo con noi piccoli perché noi potessimo amarlo e diventare, in qualche modo, partecipi della sua perfezione e della sua infinita grandezza.

La vita del P. Balducci è stata la testimonianza che la croce, anche per noi, come lo fu per il Signore, non è una semplice conclusione temporale della vita terrena, è invece il fine continuamente presente della nostra vita terrena. Di questo, infatti, il Signore non ne aveva mai fatto mistero.

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Francesco Romano

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