«Nati tutti da donna, nati tutti dallo stesso buco».

250 219 Carlo Nardi
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 lapira1di Carlo Nardi • Mi ricordo ragazzetto un po’ timido: dovevo incontrare persone importanti. E in quei casi spesso e volentieri con chi ci si confida? Con la mamma, la quale mi rispose: “O che vuoi che sia? Si vien tutti dallo stesso buco!”. Lì per lì, rimasi un po’ meravigliato, anche perché la mamma di certe cose non parlava. O almeno non così. “O il che tu dici?” – fu la mia reazione. E lei subito: “Quello che è: proprio tutti si vien di lì! Anche Gesù Bambino”. Cosa altrettanto vera: di fede divina e cattolica, come si dice.
Basta pensare a san Paolo: Gesù è «fatto, venuto da, dal di dentro (ek) di una donna» (Gal 4,4); e al Vangelo: «ciò che è stato generato in Lei», la Madonna, «per effetto di Spirito Santo» (Mt 1,20), «il figlio suo, Lei lo ha partorito» (Mt 1,25; Lc 2,7), «una volta finito il tempo del parto» (Lc 2,6), da Lei avvertita dall’angelo che «avrebbe concepito nel ventre e partorito un figlio» (Lc 1,31), «l’uomo Cristo Gesù» (1 Tim 2,5). Così è nel credo che diciamo la domenica e le feste comandate: «Per noi uomini e per la nostra salvezza … si è incarnato … da Maria vergine e si fatto uomo», Lui che è «della stessa sostanza del Padre nella divinità e della stessa sostanza nostra nell’umanità» (Concilio di Calcedonia).
È della stessa nostra natura umana perché nasce da una “natura” umana, e i nostri ragazzi potranno sentire anche dalle loro bisnonne e forse nonne – più che dal professore di scienze o di filosofia – che cosa può significare “natura”.

Sono parole grandi, divine e umane: più importanti di tutte le altre, da dire anche col sorriso sulle labbra, ma sono sempre parole tremendamente serie che non ammettono eccezioni tra umani. Sono più serie che mai dopo gli omicidi di martedì sera in Piazza Dalmazia, a quanto risulta di stampo razzista, e non ad Oslo [con la strage del 22 luglio 2011], ma qui, a Firenze: per cui tra uomini ci sarebbero uomini, meno uomini e addirittura non uomini, e forse qua e là qualche superuomo a cui tutto è permesso. C’è chi lo pensa, e non solo pensa. Ammazza.
E invece siamo nati tutti di lì, come Gesù Bambino. Ma quant’è facile dimenticarlo! Anche facendo di Lui un simbolo d’identità nazionale o razziale o qualche cosa del genere, quasi a condensare le nostre paure per poi convincerci a credere di essere uomini più.

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Scrivevo così nel foglio della Parrocchia di Santa Maria a Quinto [in Sesto Fiorentino] per la quarta domenica d’avvento il 18 dicembre 2011 (Lettera ai parrocchiani 7, n. 36, p. 4). Il titolo Nati tutti da donna, allusione a san Paolo nella Lettera ai Filippesi (4,4), è della redazione; avevo pensato a Nati tutti dallo stesso buco, e qui ce l’ho messo, che è interpretazione umana. Senza ombra di dubbio, nella nostra ciccia umana: per una umanità che ci tocca come umani di fronte a quello che avvenne a cominciare dalle 12,30 in poi, il 13 dicembre 2011 a Rifredi. Ce ne parla, a memoria delle uccisioni, una lapide in piazza Dalmazia: dopo il Giglio, marchio del Comune, «Firenze / A ricordo di / Diop Mor – Samb Modou / vittime della follia razzista il 13 dicembre 2011 / A perenne memoria / in Firenze città operatrice di pace / per affermare i valori di integrazione e solidarietà».

E tutto questo è quanto ho scritto di nuovo, compreso il titolo, da correttore della Misericordia di Quinto nel foglio San Sebastiano 2018 (gennaio 2018, pp. 2-3), diffuso fin dal sabato 20, ricorrenza del patrono, e la domenica 21 con i nuovi confratelli alla messa e i dolci pan di ramerino. Poi, 3 febbraio, la scorribanda razzista a Macerata.
Allora, per voler sperare umanamente in Gesù Bambino, ho racimolato un libro di padre Reginaldo Guido Santilli (1908-1981), domenicano di Santa Maria Novella, di cui riporto la Presentazione al suo Studi e ricerche sul razzismo. Parte prima. Da Lessing al III Reich (Edizioni di Vita Sociale, Firenze 1966, pp. 3-5):

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«Ci occupammo del problema razzista fin dal 1935 attraverso la pubblicazione – velocemente esaurita – di un fascicolo dal titolo: Il razzismo tedesco [Convento di San Domenico, Pistoia 1936] che, in Italia, fu una delle prime esposizioni sull’argomento. Quando, stabilito l’Asse Roma-Berlino e dopo il famoso Patto d’acciaio, il Fascismo prese posizione sui problemi della razza, e, per non dispiacere ai Nordici, cercò di seguirne le direttive, il nostro fascicolo, come altre pubblicazioni del genere, fu ricercato dalla Polizia in vista di un sequestro. Ma era già introvabile.
Tornammo sull’argomento nel 1939 in modo più sistematico e più scientifico, con una Tesi di laurea all’Angelicum (ora Pontificia Università San Tommaso) di Roma. La discussione in aula fu segreta, per ovvie ragioni, e la Tesi non poté esser pubblicata, sempre per l’inclemenza dei tempi. Ci fu offerta la possibilità di una traduzione inglese e della stampa in Inghilterra. Ma non accettammo.

Il lavoro è rimasto silenzioso sino ad oggi. L’occasione di aggiornarlo e di renderlo in parte di pubblica ragione, ci è stata data dal risorgente razzismo in diversi parti del mondo. Ci siamo proposti di far seguire al presente volumetto altri due studi di ricerca, permettendolo il tempo e le circostanze: uno sul razzismo nel Nord-America e l’altro sul razzismo del Sud-America. Si tratta di ricerche storico-filosofiche che forse non interessano il grande pubblico, ma che, per questo, non crediamo perdano il loro carattere di insegnamento.
Dio conceda a tutti gli uomini di non assistere più alle umilianti e pazzesche aberrazioni, intellettuali e morali, rievocati in queste pagine.
Firenze, Epifania 1966. L’Autore».

Nel 1939 Giorgio La Pira, un altro domenicano, laico, nella rivista Vita cristiana dei padri di San Marco, in un fiero articolo Sotto l’unica legge di Dio, con Pio XI diceva la «dolce parola dell’eguaglianza umana» contro «la cattiva tendenza dell’uomo cattivo che vuole rendere schiavo il fratello», per cui: «Niente superuomo, niente superrazze, niente superstati» (11, n. 6, 559-565, ora nella “figlia” Rivista di ascetica e mistica 19 [2004], n. 4, pp. 651-635, in particolare pp. 651.652).

In Principî. Supplemento a “Vita cristiana”, periodico curato da La Pira in convento, tra le Letture dei Padri della Chiesa (marzo 1939, n. 3, pp. 70-71) si dava voce a Teodoreto di Cirro (393-458 circa) nella Terapia dei morti pagani (V,55): «non si vada a pensare che i greci nascano in un modo, i romani in un altro, e diversamente gli egiziani, e persiani e massageti e sciti e sarmati si ritrovino in una diversa essenza» rispetto agli alti popoli, «perché non si vada» ancora «a pensare che ci siano uomini differenti quanto a natura» (trad. e corsivi miei).
Qualcuno si sarebbe aspettato di più in queste testimonianze. Altri qualcosa di meno, molto meno, anzi con questi lumi di luna – povera luna! – proprio nulla.
Di fatto nei primi mesi del ’40 la pubblicazione di Principî fu tutt’a un tratto bloccata (G. La Pira, Principî. Tutti gli interventi … sulla rivista da lui animata e diretta nel 1939/’40, Firenze 2000).

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