La Repubblica e il suo Presidente

656 492 Andrea Drigani
  • 0

di Andrea Drigani · Nel giugno 2018 scrivevo su questa Rivista un articolo «La monarchia repubblicana» (vedi), nel quale dopo aver ricordato la stretta connessione tra il sistema politico ed il regime giuridico-istituzionale, rilevavo che in Italia, i partiti politici, che erano stati il perno del sistema parlamentare, si erano trasformati, ridimensionando drasticamente, anche per la fine delle ideologie, il loro classico ruolo in ordine alla determinazione, con metodo democratico, della politica nazionale.

Dinanzi a questa evidente crisi, che intacca la centralità del Parlamento, e rilevata da molti sia pure con annotazioni diverse e divergenti, avanzavo l’ipotesi e l’auspicio per una riforma al fine di introdurre in Italia una Repubblica presidenziale o semipresidenziale.

A tal riguardo, sempre in quell’articolo, rammentavo che all’Assemblea Costituente, nel 1947, il deputato Piero Calamandrei, docente universitario e avvocato, propose (in piena solitudine) un governo presidenziale per contribuire a risolvere il problema fondamentale della democrazia, cioè il problema della stabilità del governo.

La prospettiva presidenzialista salvo qualche personalità politica (Randolfo Pacciardi, Mauro Ferri, Giovanni Gronchi, Francesco Cossiga) e qualche politologo (Maurice Duverger) non è stata poi raccolta.

Tutte queste considerazioni, scritte quattro anni fa, mi sono tornate alla mente, con grande attualità, nella circostanza delle elezioni presidenziali italiane, che hanno avuto un «modus procedendi» a dir poco tormentato e confuso, segno di una crisi sistemica, resa ancor più evidente dal largo uso dei media, che rischia di provocare, nei cittadini, un pericoloso disinteresse e disincanto per la cosa pubblica («res publica»).

E’ gravemente illusorio pensare che un sistema politico si autoriformi, occorrono delle apposite norme giuridiche.

In questo contesto storico non è pensabile che il Presidente della Repubblica Italiana continui ad essere eletto da un assemblea di secondo grado, cioè di «grandi elettori» (senatori, deputati, delegati regionali), ma deve essere scelto dagli elettori.

Se anche non si vuole porre mano ad una riforma della Costituzione in senso presidenziale o semipresidenziale, almeno si introduca l’elezione popolare diretta del Presidente della Repubblica, mantenendogli i poteri e le prerogative previste nella vigente Costituzione.

L’elezione popolare diretta dei sindaci, introdotta nella legislazione italiana nel 1993, è stata un fatto politicamente assai positivo, anche per la gestione del Comune, che ha contribuito a frenare l’allontanamento dalla vita civica.

Se la Repubblica è di tutti, il suo Presidente da tutti dovrebbe essere scelto.

Desidero, infine, esprimere il mio compiacimento per la rielezione di Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica, che proseguirà a svolgere, con sapienza, il suo ufficio per il bene comune dell’Italia.

image_pdfimage_print