Ancor prima che Fleximan entrasse in scena… La vera singolarità italiana sugli autovelox

301 500 Gianni Cioli
  • 0

di Gianni Cioli · Fleximan è il fantasioso nome con cui qualcuno ha pensato bene di “battezzare” il misterioso (a tutt’oggi: 26.01.2024) sabotatore (o gruppo di sabotatori) che recentemente ha distrutto, servendosi appunto del flessibile, numerosi autovelox nel territorio del nord Italia. Il nome, non so se per ironia o per convinzione, vuole certo evocare l’idea del Supereroe (come Superman, Spiderman o Batman) benefattore dell’umanità. Per certi versi sarebbe anche un appellativo simpatico, se non si trattasse di un delinquente (o di un gruppo di delinquenti) che sta gravemente danneggiando il patrimonio pubblico, a tutto danno dei contribuenti. A quanto pare, sono numerosi gli attestati di stima e gratitudine che il popolo dei social sta tributando a Fleximan, anche a rischio d’incorrere nell’apologia di reato. Segno che chi contrasta gli autovelox non fatica certo a ottenere consenso, in Italia.

Ancor prima che Fleximan entrasse in scena l’ha capito la politica o, meglio, l’hanno capito politici particolarmente e disinvoltamente dotati di fiuto per il consenso. Lo scorso aprile, ad esempio, alla Camera il Ministro dei Trasporti e Vicepremier Matteo Salvini, rispondendo a una interrogazione parlamentare presentata dal deputato di Forza Italia Andrea Caroppo, avrebbe prospettato come necessaria una nuova «regolamentazione sulla collocazione degli autovelox» per evitarne «gli usi impropri», specie nei casi in cui «vengano usati solo per fare cassa». Lo stesso Caroppo, dichiaratosi soddisfatto delle dichiarazioni del Ministro avrebbe, fra l’altro, evidenziato la singolarità italiana sugli autovelox. A suo dire, infatti, l’Italia sarebbe «il Paese che ha la normativa sulla circolazione stradale più severa dell’Unione Europea e il numero maggiore di autovelox: il doppio della Germania e il triplo della Francia» (vedi) .

Non so quali siano i criteri per stabilire quando un autovelox venga usato “solo per fare cassa”, e quando, invece, vengo usato anche per favorire il rispetto dei limiti di velocità e, quindi, la sicurezza di tutti. Sicuramente il Ministro avrà dei validi parametri. Ma certo se, come pare, gli automobilisti sanzionati grazie agli autovelox sono poi così tanti da incidere favorevolmente sui bilanci degli enti locali, sospettati di voler solo fare cassa, mi pare evidente che davvero tanti siano i guidatori che non hanno rispettato i limiti di velocità imposti per la sicurezza stradale (il che non è davvero una bella constatazione), almeno che non si voglia insinuare una taratura truffaldina degli apparecchi di rilevamento. In altre, parole, può darsi che gli amministratori locali abbiano mirato anche a fare cassa, ma gli automobilisti li hanno indubbiamente aiutatati in questo con le loro infrazioni. Non ostante la propensione ad atteggiarsi a vittime, non sono stati oggetto di un balzello, ma hanno cooperato attivamente a farsi sanzionare.

Il fatto, poi, che in Italia ci siano più autovelox che altrove, forse dipende da una singolare normativa ipergarantista, tutta italiana, che impone che le postazioni di rilevamento della velocità siano sempre segnalate con grande evidenza. È questa, direi, la vera singolarità italiana sugli autovelox. In tal caso per dissuadere efficacemente dall’infrazione i dispositivi dovranno essere giocoforza frequenti.

Altrove non è così. «In nessuno dei grandi paesi Europei – Francia, Germania e Regno Unito – l’obbligo di segnalazione è presente nella legislazione con altrettanta forza. In Francia gli autovelox fissi sono sostanzialmente tutti segnalati, ma è possibile effettuare controlli non segnalati con postazioni mobili. Inoltre, nelle strade francesi circolano anche automobili senza alcun contrassegno particolare, dotate di radar per individuare la velocità che viaggiano in maniera anonima multando chiunque intorno a loro superi i limiti di velocità. La stessa pratica è utilizzata da anni in Germania (in Italia sarebbe impossibile). Sia in Francia che in Germania, inoltre, sono vietati i dispositivi come radar di bordo e sistemi GPS che permettono di individuare gli autovelox fissi e mobili» (vedi) . Mi è capitato, in effetti, di sentire raccontare di qualche connazionale multato per eccesso di velocità all’estero, e dell’ilarità degli agenti che gli avevano contestato l’infrazione, di fronte all’obiezione che la postazione di rilevamento non era stata adeguatamente segnalata.

La ragioni per cui nel nostro paese gli autovelox sono obbligatoriamente segnalati, come si diceva, «appare soprattutto politica. Gli automobilisti italiani sono molti: l’Italia, dopo il Lussemburgo, è il paese con la più alta densità di automobili d’Europa. E gli automobilisti italiani, come gli altri, non amano essere multati: preferiscono sapere con largo anticipo dove si trovano gli autovelox, così da poter adeguare la loro velocità. Visto che gli automobilisti, come tutti gli altri cittadini, votano, le forze politiche si sono sostanzialmente adeguate ai loro desideri, inserendo l’obbligo di segnalare gli autovelox nella legislazione italiana» (vedi).

Secondo il teologo morale Marco Cerruti, «Su questo punto in Italia siamo davanti a una situazione che, dal punto di vista etico, si può definire farisaica e per più ragioni. La legge obbliga le Forze di Polizia ad avvisare con cartelli quando si svolge un’azione di controllo della velocità e obbliga a rendere visibili le postazioni di rilevazione: questo rende in buona parte inefficace il controllo stesso, come risulta dall’abitudine, che è anche pericolosa, di rallentare in prossimità degli autovelox (ignorando il limite prima e dopo). Una legge formulata in questo modo risulta finalizzata evidentemente più a cercare il consenso (e il voto?) dei cittadini che a mettere al centro la sicurezza e il bene comune; l’azione di controllo invece dovrebbe essere casuale e imprevista, perché solo così i limiti verrebbero rispettati lungo l’intero tratto di strada, con i vantaggi per la collettività già esposti sopra. Sono ancor più ipocrite quelle persone che, colte in evidente eccesso di velocità, fanno ricorso al giudice di pace (e ai gradi superiori), accampando difetti formali. Se dal punto di vista strettamente legale possono anche avere una sentenza favorevole, giocando su qualche cavillo interpretativo o su alcuni vizi di forma, dal punto di vista etico sono pienamente responsabili di aver violato il limite di velocità, mettendo a rischio la propria e altrui incolumità e dimostrando dunque scarsa attenzione e rispetto verso gli altri e verso se stessi: un atteggiamento adulto e maturo porterebbe a pagare la sanzione e comportarsi (al volante) in modo diverso» (M. Cerruti, «Guida, traffico, strade: Luoghi di relazione o terra di nessuno?,» in Vivens homo 27[2016], 375-376).

image_pdfimage_print