Attualità dell’Insegnamento sociale di «Caritas in veritate» a 15 anni dalla pubblicazione

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di Leonardo Salutati · Pensando a Benedetto XVI, viene alla mente il grande teologo e il suo insegnamento, la sua grande cultura, la dedizione nel guidare la Chiesa cattolica e il suo impegno nel dialogo interreligioso.

Sarebbe però un’immagine parziale del pontefice e teologo se non considerassimo anche il suo originale contributo alla Dottrina sociale della Chiesa che scaturisce dalle sue ricche e profonde conoscenze teologiche. In particolare, Benedetto XVI ha lasciato il segno con la sua enciclica Caritas in veritate del 2009 – quest’anno, a giugno, saranno 15 anni dalla sua pubblicazione – dove, nel mettere in luce la dimensione antropologica e teologica della globalizzazione e delle nuove sfide che si presentano all’umanità, si rivela un esperto analista delle dinamiche sociali.

Già nella sua prima enciclica Deus caritas est (2005), affrontava temi quali il rapporto tra giustizia e carità, i diversi compiti che spettano alla Chiesa e alla politica, il ruolo dei laici cristiani nella società civile chiamati a conciliare competenza professionale, rifiuto di piegarsi ad ogni ideologia, audacia nella testimonianza della propria fede, rifiuto di ogni proselitismo (DC 30-37). Dopo la Spe salvi (2007), l’enciclica sulla speranza, con la Caritas in veritate offrirà una visione filosofica e teologica delle problematiche sociali contemporanee, ancora di grande attualità

Il Papa parla più del “perché” che del “come”. Fa appello alla coscienza più che fornire ricette. Sottolinea che parte degli attuali disordini derivano da una pericolosa finanziarizzazione dell’economia e da una estrema complessità degli strumenti monetari, che richiedono un’attenzione politica adeguata. Approccio che contrasta i tanti fautori dell’iperliberalismo.

Sulla scia dei suoi predecessori, a partire da Pio XII, riafferma la necessità di istituire una «Autorità politica mondiale» con la capacità di guidare le sempre più complesse relazioni tra i popoli: un’Autorità che «dovrà essere regolata dal diritto, attenersi in modo coerente ai principi di sussidiarietà e di solidarietà, essere ordinata alla realizzazione del bene comune, impegnarsi nella realizzazione di un autentico sviluppo umano integrale … dovrà essere da tutti riconosciuta, godere di potere effettivo per garantire a ciascuno la sicurezza, l’osservanza della giustizia, il rispetto dei diritti» (CV 67).

Benedetto XVI non si colloca sul piano dei leader politici, degli imprenditori, dei banchieri, ma intende sensibilizzare su temi di attualità che non possono rimanere confinati a livelli puramente tecnici. Per questo parla di amore, di verità, di senso di responsabilità, rivolgendosi alla Chiesa ma anche a «tutti gli uomini di buona volontà» impegnati «sullo sviluppo umano integrale nella carità e nella verità».

Il Papa inizia le sue riflessioni elevando il dibattito a dimensioni che sono largamente ignorate, se non rifiutate, nel mondo di oggi quando parla dell’eternità di Dio presente nel nostro mondo e nel cuore di ciascuno. Fin dalle prime righe, la Caritas in veritate specifica che: «L’amore — “caritas” — è una forza straordinaria, che spinge le persone a impegnarsi con coraggio e generosità nel campo della giustizia e della pace. È una forza che ha la sua origine in Dio, Amore eterno e Verità assoluta. … Difendere la verità, proporla con umiltà e convinzione e testimoniarla nella vita sono pertanto forme esigenti e insostituibili di carità» (CV 1). Questa poi «è la via maestra della dottrina sociale della Chiesa», la modalità per comprendere Dio, gli altri e il mondo: «il principio non solo delle micro-relazioni: rapporti amicali, familiari, di piccolo gruppo, ma anche delle macro-relazioni: rapporti sociali, economici, politici» (CV 2 ). Coniugando il minimo col massimo attraverso la carità il Papa evita la sterilità della chiusura individuale entro i limiti del proprio mondo.

Un tema caro a Benedetto XVI riguarda il rapporto fede/ragione. Non agire secondo ragione è contrario alla volontà di Dio: «L’amore diventa un guscio vuoto, da riempire arbitrariamente. È il fatale rischio dell’amore in una cultura senza verità. Esso è preda delle emozioni e delle opinioni contingenti dei soggetti, una parola abusata e distorta, fino a significare il contrario. La verità libera la carità dalle strettoie di un emotivismo che la priva di contenuti relazionali e sociali, e di un fideismo che la priva di respiro umano ed universale» (CV 3). L’alleanza tra fede e ragione è il fondamento senza il quale siamo perduti: «La rottura di questo dialogo comporta un costo molto gravoso per lo sviluppo dell’umanità» (CV 56).

Su questa linea il Papa sottolinea che l’economia globalizzata ha bisogno di accettare «la logica del dono senza contropartita» (CV 37). Ma, ancora più importante è considerare che «nei rapporti mercantili il principio di gratuità e la logica del dono come espressione della fraternità possono e devono trovare posto entro la normale attività economica. Ciò è un’esigenza dell’uomo nel momento attuale, ma anche un’esigenza della stessa ragione economica (CV 36). In concreto il papa propone di rinunciare alle compartimentalizzazioni tra ONG (dedicate al disinteresse), imprese (dedicate all’efficienza) e Stato (dedicate alla ridistribuzione), per creare nuove sinergie perché: «L’esasperazione dei diritti sfocia nella dimenticanza dei doveri» (CV 43).

Al di là del cattivo funzionamento dei sistemi, Benedetto XVI invita ad esaminare i comportamenti quali: il rifiuto della trasparenza, l’avidità, la brama di profitto sempre insoddisfatto, la monopolizzazione dei beni, la sottomissione all’assolutismo della tecnologia (CV 77), tutti aspetti espressione del «peccato originale» (CV 34).

Per superare le percezioni attuali che tendono a rifugiarsi nel breve termine (CV 32), è necessario riconoscere la stretta correlazione tra amore e verità, che assume forma operativa attraverso criteri di orientamento dell’agire morale (CV 6 ), richiede una dimensione interdisciplinare (CV 31), un’esigenza di discernimento, una visione globale, per elevarsi a livello sapienziale (CV 31). «Senza verità si cade in una visione empiristica e scettica della vita, incapace di elevarsi sulla prassi, perché non interessata a cogliere i valori — talora nemmeno i significati — con cui giudicarla e orientarla» (CV 9).

Potremmo continuare ma da quanto sottolineato è evidente come, attraverso la lente della filosofia e della teologia, Benedetto XVI si riveli un autentico analista del nostro universo globalizzato di grande attualità.

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Leonardo Salutati

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