Vivere l’esperienza di Don Lorenzo Milani a 100 anni dalla sua nascita

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di Samuele Cosimo Fazzi · Don Lorenzo Milani è stato un presbitero della diocesi di Firenze, nato nel 1923 è stato parroco di Barbiana, una piccola località del Mugello (alta toscana) dal 1954 fino alla morte avvenuta nel 1967 e fondatore di una scuola per istruire i figli dei suoi parrocchiani.

Il 26 ottobre 2023 si è tenuto presso il centro studi “P. grossi” di Firenze il convegno “Vivere l’esperienza di Don Lorenzo Milani a 100 anni della sua nascita”, organizzato da diverse associazioni di docenti cattolici in collaborazione con il gruppo FUCI e l’Università di Firenze, appunto per ricordare il centenario della nascita di questo sacerdote ed educatore.

La giornata si è aperta col saluto della Rettrice dell’Università di Firenze e l’introduzione di Mons. Giuseppe Baturi, segretario generale della CEI, che ha parlato di come la Chiesa si ponga il problema del disagio giovanile, dell’emergenza educativa e dell’abbandono scolastico; ricordandoci che la fede non può essere scissa dall’ ambito educativo. Don Milani è stato grande anche per questo: è riuscito a trovare Dio in dei ragazzi poveri che senza di Lui non avrebbero potuto sperare in una vita migliore di quella che conducevano.

L’intervento successivo è stato quella di Sandra Gesualdi, figlia di Michele, -uno dei primi sei allievi della scuola di Barbiana – che ricordava come Don Milani sosteneva che le persone povere e socialmente svantaggiate erano tali non perché non possedessero soldi o altri mezzi materiali ma perché erano sprovvisti della parola: una persona che non è in grado di parlare non è libera perché incapace di farsi valere. Fu così che Don Lorenzo, appena arrivato a Barbiana si accorge -e cito le parole di Sandra- “di essere priore di poche persone non istruite e due case sparse per i monti, al contempo si accorge però che quei contadini hanno una cultura che Lui non ha: è colto, parla sei lingue, conosce la letteratura dei primi del ‘900 ma non sa niente della coltura dei campi e si accorge improvvisamente di essere Egli Stesso ignorante tra i Barbianesi, consapevole di avere qualcosa da imparare”; Ecco che la Scuola di Barbiana nasce con questo spirito: non esiste un maestro che sa più degli altri ma ognuno sa qualcosa da mettere a disposizione di tutti.

Successivamente ha preso la parola il Prof. Marco Pappalardo, docente presso una scuola superiore di Catania, secondo il quale per rivivere l’esperienza di Don Milani aldilà delle celebrazioni occorra cambiare la concezione della scuola, purtroppo spesso percepita come luogo noioso dove gli studenti assorbono nozioni, è anche questo ma non solo questo: la sfida della scuola, anche se dirlo è banale ma realizzarlo un po’ meno, è portare studenti che partono da punti di partenza diversi ad un punto di arrivo che non necessariamente è uguale per tutti (anche perché l’obiettivo di ciascuno non sempre è uguale all’altro) ma che tutti devono avere gli strumenti per raggiungere.

Le relazioni successive sono state di Mons. Giovanni Paccosi, vescovo di San Miniato e il Prof. Leonardo Bianchi, docente universitario di diritto costituzionale. Il primo ha ricordato come Don Lorenzo non si sia mai dimenticato di essere prete annunciatore del vangelo, che dovendo essere pastore di persone che non conoscessero la lingua italiana, avrebbe dovuto necessariamente insegnargliela per parlare di Gesù.

Il secondo ha parlato del rapporto tra il priore di Barbiana e la Costituzione, ribadendo un concetto che emerge spesso nella nostra facoltà di Giurisprudenza ma di cui, chi non fa studi giuridici, non sempre si rende conto e cioè che la Costituzione -come diceva P. Calamandrei- nient’altro è che un pezzo di carta: per fare in modo che i suoi contenuti abbiano effetto, questi devono essere attuati. Barbiana è l’esempio della non attuazione della Costituzione e con l’arrivo di Don Milani e la creazione della scuola si realizzano per i Barbianesi i principi personalista-solidaristico e dell’uguaglianza sostanziale (artt 2 e 3 cost).

Da questo convegno emerge un’ immagine di Don Milani diversa da quella che ci propone l’immaginario collettivo: siamo sempre stati abituati ad un Don Milani inviato a Barbiana perché contro la cd gerarchia ecclesiastica e considerato da essa come un prete scomodo o peggio un eretico, innanzitutto è opportuno ricordare che pur non avendo mai avuto paura di dire la verità anche se scomoda non si è mai discostato dal magistero della Chiesa Cattolica, è vero che alcuni confratelli preti e alcuni vescovi non vedevano di buon occhio il suo operato ma perché non comprendevano il suo, all’epoca nuovo e forse alternativo, metodo di annunciare Cristo; per questo è riduttivo semplicemente dire che Don Lorenzo era un prete scomodo o comunista perché amico dei poveri.

vorrei ricordare un aspetto ripreso anche in un libro scritto da Michele Gesualdi, Don Lorenzo diceva sempre che quando sarebbe morto Barbiana doveva finire con Lui. Questo a significare il fatto che occorreva andare oltre: una volta acquisita l’istruzione si poteva aspirare ad una condizione sociale migliore. Se ci pensiamo, a Barbiana non è esistito un prima e un dopo l’esperienza della sua scuola. Un prima no perché Barbiana non era niente e i Barbianesi erano dei reietti della società, un dopo neanche, perché Don Lorenzo aveva formato dei ragazzi ad essere cittadini sovrani e non c’era ragione perché restassero a Barbiana a mungere vacche e coltivare patate, finita la scuola i più grandi restarono ad insegnare ai più piccoli o erano inviati a proseguire gli studi o a lavorare all’estero; ciò che deve spingere un educatore a pretendere il meglio dai suoi allievi è quello di -come si dice spesso- fargli “spiccare il volo” non quello di tenerli legati a sé a vita.

non resta che domandarci quante “Barbiane” più sfortunate esistono ancora oggi in Italia e in tante parti del Mondo, a partire dagli studenti che hanno sì la fortuna di andare a scuola ma è come se non ci andassero perché per ragioni più varie non riescono ad apprendere (non per colpa loro) ed entrano nella società semi-analfabeti, fino alle zone -e le cronache ce lo raccontano quotidianamente- dove dilaga la guerra e a causa della quale non è possibile usufruire di un’istruzione adeguata. Chiaramente per situazioni complesse non si possono dare soluzioni semplici e immediate (anche perché non ne ho) però è un aspetto su cui tutti, nessuno escluso, dobbiamo riflettere, altrimenti tutto resta nei convegni e nelle ricorrenze degli anniversari, che fini a sé stessi non servono a niente, sono invece utili se ci spronano ad andare oltre, come faceva Don Milani.

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