di Alessandro Clemenzia · Sono ormai passati »cinquant’anni dalla Lettera apostolica in forma di motu proprio di , Ministeria quaedam, testo più volte citato ultimamente nell’attuale pontificato: basti pensare alle due Lettere apostoliche, Spiritus Domini (10 gennaio 2021), in cui è stato aperto alle donne l’accesso al ministero istituito del Lettorato e dell’Accolito, e Antiquum ministerium (10 maggio 2021), dove è stato istituito il ministero del Catechista. Proprio nella ricorrenza del cinquantesimo anniversario di questa Lettera, Papa Francesco, il 15 agosto 2022 nella solennità dell’Assunzione della beata Vergine Maria, ha inviato un messaggio in cui è tornato a riflettere sul tema dei ministeri. Questi ultimi hanno sempre ricoperto un ruolo essenziale all’interno della Chiesa; guardando alle prime comunità cristiane, sulla base di quanto già si trova nelle Lettere paoline, si può scorgere una ministerialità diffusa, fondata su due aspetti essenziali: il fatto che l’origine di ogni ministero si trovi nell’azione dello Spirito Santo; la certezza che la finalità di ogni ministero sia per il bene comune di tutta la Chiesa, e non soltanto per qualcuno. In altre parole, si può affermare che la ministerialità ecclesiale nasca dal “noi” di Dio e sia orientata al “noi” di tutta la comunità.
La varietà di ministeri, spiega il Papa, “non è un fatto meramente funzionale ma è, piuttosto, un attento discernimento comunitario, nell’ascolto di ciò che lo Spirito suggerisce alla Chiesa, in un luogo concreto e nel momento presente della sua vita” (n. 4). Per spiegare questa affermazione, il Pontefice riporta due eventi narrati negli Atti degli Apostoli: la ricomposizione del numero dei Dodici dopo la morte di Giuda e la scelta dei Sette per risolvere alcune tensioni venutesi a creare all’interno della comunità. Tale discernimento comunitario, che per Papa Francesco rappresenta il pilastro dell’odierno cammino sinodale a cui l’intera Chiesa è chiamata, offre alla comunità credente un vero dinamismo, una reale vivacità e un’autentica flessibilità, che solo lo Spirito può donare alla sua Chiesa, evitando che in essa “la dinamicità diventi confusione, la vivacità si riduca a improvvisazione estemporanea, la flessibilità si trasformi in adattamenti arbitrari e ideologici” (n. 4).
È lo Spirito Santo, dunque, che invera una vera riforma della Chiesa, non con l’intento di modernizzare le strutture ecclesiali attualmente in opera e renderle così più vicine alla sensibilità comune, ma – in un atteggiamento di ascolto comunitario – togliendo (si tratta, infatti, di una vera e propria ablatio) tutto ciò che impedisce alla Chiesa di far splendere in essa la vera bellezza, che è la presenza stessa di Cristo tra gli uomini. In questa dinamica di riforma si è inserita anche la Lettera Ministeria quaedam, nella quale, attraverso un vero discernimento, la prassi fino allora in vigore è stata cambiata secondo le esigenze della comunità ecclesiale.
La varietà dei ministeri, oltre a trovare la sua origine nello Spirito Santo, è anche resa armonica dall’azione del Terzo persona, e trova il suo fondamento in alcuni principi dottrinali, quali: “l’ecclesiologia di comunione, la sacramentalità della Chiesa, la complementarietà del sacerdozio comune e del sacerdozio ministeriale, la visibilità liturgica” (n. 6).
Recuperando l’immagine della Chiesa come corpo di Cristo, Papa Francesco mostra come ogni suo membro “manifesta un tratto del volto di Cristo servo” (n. 7), e “l’armonia del loro agire mostra al mondo la bellezza” (n. 7) di Cristo stesso. È evidente come i ministeri vengano qui affrontati in chiave più teologica che sociologica.
La ministerialità, essendo una questione assai complessa, porta con sé la necessità di ulteriori approfondimenti di un variegato numero di aspetti; tuttavia, spiega il Papa, riprendendo quanto già affermato in Evangelii gaudium “la realtà è superiore all’idea” (n. 231): “Se dovessimo pretendere di definirli e di risolverli per poter poi vivere la ministerialità, molto probabilmente non riusciremmo a fare molta strada” (n. 8). La teoria, in questo senso, scaturisce da una prassi, e non viceversa.
La ministerialità, dunque, ribadisce ancora il Papa, non va intesa in modo sommariamente sociologico, ma precisamente come azione dello Spirito Santo, il quale, “facendoci partecipi, in modi distinti e complementari, del sacerdozio di Cristo, rende tutta la comunità ministeriale, per costruire il suo corpo ecclesiale” (n. 9). Di fronte a questa azione dello Spirito, la Chiesa è chiamata a riflettere, condividendo le esperienze di vita di questi ultimi anni, le quali possono offrire preziosi contributi.
Papa Francesco termina il suo messaggio esplicitando il suo desiderio “nei prossimi mesi, nelle modalità che verranno definite, di avviare un dialogo sul tema con le Conferenze Episcopali per poter condividere la ricchezza delle esperienze ministeriali che in questi cinquant’anni la Chiesa ha vissuto sia come ministeri istituiti (lettori, accoliti e, solo recentemente, catechisti) sia come ministeri straordinari e di fatto” (n.10).