«I Padrenostri di questi tempi»

326 500 Carlo Nardi
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di Carlo Nardi · Su questo argomento molti hanno scritto e molto è stato scritto. Ecco una mia noterella.

Voglio offrire un pensiero che mi stuzzica la mente. Penso al vecchio Padre nostro con … e non c’indurre in tentazione, modificato adesso nel nuovo messale con … e non abbandonarci alla tentazione.

In verità, questa nuova traduzione non mi sconfinfera. Il salto di resa nelle due versioni è grande: in effetti, quei due verbi ‘indurre’ e ‘abbandonare’ sono due cose diverse. Forse vicine, ma non mi sento di dire di più. A questo riguardo rimando al dotto libro di Alberto Maggi (Padre dei poveri: 2. Il Padrenostro. Traduzione commento dal Vangelo di Matteo, Cittadella Editrice – Assisi, terza ristampa, febbraio 2018), il quale presenta un condivisibile studio sui testi della preghiera (pp. 137-151). In particolare, egli traduce il versetto in questione (Matteo 6,13a) col verbo “introdurre”, che rende il senso del greco eisférein, “portare/spingere verso”. Al contrario, non appare nel testo originale l’idea di un “abbandono”, per quanto essa possa sembrare a prima vista più consolante. Di fronte all’importanza di questa preghiera per il Cristianesimo, mi pare che si dovrebbe andare assai cauti, anche sulla scorta di Dei verbum 10: “la Sacra Tradizione, la Sacra Scrittura e il Magistero della Chiesa, per sapientissima disposizione di Dio, sono tra loro talmente connessi e congiunti da non potere indipendentemente sussistere, e tutti insieme, secondo il proprio modo, sotto l’azione di un solo Spirito Santo, contribuiscono efficacemente alla salvezza delle anime”. D’altronde, rispetto a questo imbarazzo nei riguardi del Vangelo, mi viene da domandarmi: vogliamo forse essere più cristiani di Cristo?

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