«Verba scripta.» Un’introduzione agli scritti di frate Francesco.

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di Dario Chiapetti · Verba scripta. Un’introduzione agli scritti di frate Francesco è un testo di S. Ceccobao, P. Maranesi e C. Vaiani, con prefazione di F. Accrocca (Cittadella Editrice, Assisi 2020, 219 pp., euro 17,90), che si prefigge, come si legge nel contributo dell’arcivescovo di Benevento, di tracciare «un quadro essenziale e preciso delle questioni inerenti ai singoli scritti [del Santo d’Assisi] enucleandone la proposta spirituale» (p. 8).

Questo testo si accredita per almeno tre motivi. Il primo è inerente all’oggetto stesso. Come ancora Accrocca ricorda riprendendo le parole dello storico Paul Sabatier: “gli scritti di san Francesco sono sicuramente la migliore fonte da consultare per giungere a conoscerlo, e non ci si può che meravigliare nel vederli tanto trascurati dalla maggior parte dei suoi biografi” (p. 6). Il secondo riguarda il suo carattere divulgativo, ma al contempo approfondito, che sa proporsi ad un vasto pubblico. Il terzo concerne il fatto che mette in luce un aspetto poco considerato (o forse poco riconosciuto?) del Poverello, ossia quel vero e proprio “culto” (cf. p. 5) che questi – idiota e illetterato, come si autodefiniva – mostrava di avere per la parola scritta, innanzitutto quella divina ma anche quella umana, in particolare la propria, che raccomandava «sovente all’ascolto e alla cura dei suoi interlocutori» (ibid.).

Il primo contributo è di Simone Ceccobao, ofm, ed ha per oggetto le Regole. Questi mostra il percorso redazionale, e il connesso itinerario spirituale, che ha portato Francesco e la fraternitas dalla Proto-Regola (1209-1210) alla Regola non bollata del 1223 alla Regola bollata del 1223. Si tratta di scritti che miravano, e mirano, a inquadrare la vita dei frati e a custodire il carisma. L’indagine fa emergere come il Santo non abbia lavorato da solo, ma si sia avvalso dei suoi compagni, di persone esperte e del cardinal Ugolino, nonché di sedi istituzionali, come i capitoli dell’Ordine. Ciò che risalta è perciò il percorso «fermentato dal basso, dalla vita, dall’esperienza e che passo dopo passo ha assunto una forma e una veste giuridiche» (p. 53).

Il secondo contributo è di Cesare Vaiani, ofm, e presenta le Ammonizioni. Sono esortazioni di Francesco rivolte a tutti i frati, probabilmente pronunciate durante i capitoli e poi, con ogni probabilità, riportate per iscritto da qualche frate, secondo un disegno letterario preciso. Nascono dalla meditazione sapienziale della Parola di Dio fatta penetrare nel vissuto comunitario, sì da offrire dei significativi rimandi autobiografici di Francesco stesso. Tema predominante è la relazione con Dio vissuta nella relazione coi fratelli, che prende la forma del vivere senza appropriarsi di nulla, che nasce dall’azione dello Spirito del Signore.

Il terzo contributo è di Pietro Maranesi, ofmcap, e si concentra sulle Lettere. Sono quegli scritti che hanno permesso a Francesco di proseguire la sua attività apostolica soprattutto quando, dopo il 1221, con l’aggravarsi della sua condizione di salute, non poteva spostarsi. Dalle fonti si apprende che sono numerose, non tutte pervenuteci, e solo una, il Biglietto a Leone, come autografo. Da una breve osservazione dei testi si può constatare l’ampiezza dell’orizzonte ministeriale nel quale Francesco si è collocato. Vi sono testi circolari indirizzati fuori dell’Ordine, che attestano la sua passione apostolica (Lettera a tutti i chierici, Lettera ai reggitori del mondo, Lettera a tutti i fedeli). Vi sono poi testi inviati ai frati, che attestano la sua autocompresione di animatore dell’Ordine, anche dopo le sue dimissioni (Lettera a tutto l’Ordine, Lettere I e II ai custodi). Vi sono infine biglietti personali, che attestano il suo calore umano, la sua capacità pedagogica nell’aiutare chi si trovava in situazioni difficili e la sua apertura mentale (Biglietto a Leone, Biglietto ad Antonio, Lettera ad un ministro).

Il quarto contributo è nuovamente di Vaiani e tratta delle Preghiere. Ciò che egli evince è uno «sviluppo dinamico» (p. 180) del percorso spirituale di Francesco. Esso parte con la preghiera di richiesta di luce, orientata al fare cristiano (Preghiera davanti al crocifisso), in cui sta al centro Cristo crocifisso (Ti adoriamo). Con l’arrivo dei fratelli si profila il tratto fondamentale della preghiera del Santo, quello della lode (Esortazione alla lode di Dio) che spinge verso la meditazione sia contemplativa (Saluto alle Virtù e Saluto alla Vergine) che discorsiva (Parafrasi del Pater). Se la preghiera di Francesco attinge alla tradizione, alla liturgia, soprattutto delle ore, e quindi ai salmi, imparati a memoria (che attestano un’intensa attività intellettiva), mostra di integrare anche l’elemento della creatività personale (che attesta un’intensa attività intellettuale, che porta alla conoscenza, al «cognoscimento», contro le interpretazioni del Santo come un anti-intellettuale), come nell’Ufficio della Passione. Il suo rendimento di grazie si estende poi, contro ogni intimismo, a tutta la Chiesa, e contro ogni autoreferenzialità di quest’ultima, a tutta l’umanità. Col procedere della sua conformazione a Cristo si fa sempre più chiaro il termine ultimo della preghiera, il Padre (Lodi di Dio altissimo), a cui accede in persona del Figlio (stimmate), per opera dello Spirito Santo (Lettera a tutto l’Ordine), esperienza che lo immette in quella visione della gloria escatologica dei nuovi cieli e della nuova terra che lo rende lode della creazione a Dio, anche in mezzo ai topi della celletta di san Damiano (Cantico delle creature) e colui che si fa accesso per il fratello a ciò che ha contemplato (Biglietto a Leone).

Il quinto contributo è ancora di Maranesi e parla del Testamento. Composto negli ultimi mesi di vita, rappresenta un commento alla Regola, come ricordo dell’intuizione originaria, ed un’ammonizione ed un’esortazione ad osservare, in virtù della freschezza del carisma, più cattolicamente la Regola, in quanto questa lasciava questioni aperte. Escludendo pericolose (secondo Francesco) interpretazioni da parte dei frati, questo testo, col valore giuridico datogli dal Santo, non permetteva di fatto una «comprensione dinamica e progressiva della Regola» (p. 215), passando da essere un’«eredità preziosa» ad essere un’«eredità difficile».

Con le riflessioni sopra riportate ho cercato di evocare solo qualcosa delle tante suggestioni che il presente testo offre, che fa presentire la vividezza della figura del Santo d’Assisi, così come essa emerge dai suoi scritti, e che oggi chiede di essere scoperta più approfonditamente, per il bene della Chiesa e del mondo intero.

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Dario Chiapetti

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