Il Convegno di Firenze. La Chiesa italiana sulle orme di Cristo

680 380 Francesco Vermigli
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Il-nuovo-umanesimo-secondo-Bergoglio.-Per-una-Chiesa-non-ossessionata-da-denaro-e-potere_articleimagedi Francesco Vermigli Sono passate alcune settimane dalla chiusura del Convegno ecclesiale nazionale – svoltosi a Firenze nella prima metà di novembre – e la distanza dai fatti forse aiuta a vederli con maggiore distacco. In effetti, la giornata della visita del papa a Prato e a Firenze ha come calamitato l’attenzione di un’intera città e dei mezzi di comunicazione; con il rischio di far dimenticare il resto di quella settimana di incontri. Qui si tratta di collocare proprio quella visita all’interno dell’intero Convegno: pensarla, cioè, in una prospettiva più ampia, per vedere come essa si sia posta in relazione al tema e alle discussioni su cui i delegati sono stati chiamati a intervenire e a confrontarsi.

Il Convegno, come noto, era intitolato «In Gesù Cristo il nuovo umanesimo» e non si è dovuto attendere l’inizio degli incontri, per vedere il tema associato al luogo in cui il Convegno si è svolto. Il discorso inaugurale pronunciato dall’arcivescovo di Torino Nosiglia, ma soprattutto il saluto del cardinal Betori in Cattedrale la stessa sera del 9 novembre non hanno fatto che confermare questo parallelismo tra il tema dell’umanesimo cristiano e Firenze; evocando momenti, nomi, testi, monumenti, in grado di render conto della convergenza di cultura e fede, arte e carità nella storia della città. E a ben vedere, è stata anche questa una linea non marginale del discorso del papa il giorno successivo; come ha rivelato l’iniziale contemplazione dell’affresco della cupola del Duomo o il singolare e poco conosciuto riferimento alla medaglia spezzata dello Spedale degli Innocenti. Ci soffermiamo in primo luogo piuttosto sulla relazione conclusiva di Bagnasco – tenuta venerdì 13 novembre – perché appare densa di significato in non pochi punti.

Com’è conveniente a una relazione conclusiva, l’intervento di Bagnasco ha avuto ad un tempo un carattere ricapitolativo delle giornate svolte e uno propositivo, pensando al futuro. Dopo l’iniziale analisi dell’uomo di oggi («Il bisogno di salvezza da parte di un’umanità fragile e ferita») e la presentazione della risposta che in Cristo viene offerta all’uomo («Lo sguardo a Gesù come ispirazione di un nuovo umanesimo»), l’attenzione dell’arcivescovo di Genova si è volta alle cinque vie proposte alla discussione dei delegati («Le cinque vie, per una Chiesa sempre più missionaria»). Ma, alla fine, ha colto in qualcos’altro il punto su cui la Chiesa d’Italia a suo giudizio sarà chiamata a riflettere e cercare concreti strumenti nel futuro: lo stile sinodale. Ed è forse proprio qui che veniamo a percepire un cambio di registro non piccolo, rispetto a quello che pareva annunciare il tema del Convegno. Il cuore del titolo del Convegno è antropologico (“nuovo umanesimo”) e cristologico (“in Gesù Cristo”). In verità, già la proposta delle cinque vie (“uscire”, “annunciare”, “abitare”, “educare” e “trasfigurare”) – che risale alla preparazione più remota dell’appuntamento ecclesiale – aveva reso un po’ più sfaccettato il panorama. Ma parlare di uno stile sinodale che deve essere messo in pratica dalla Chiesa italiana, tende a spostare il baricentro ancora un poco. Il punto è che questo spostamento pare esser dovuto all’influenza esercitata dal discorso del papa di martedì 10.

Le parole del papa sono apparse fin da subito vibranti; chiare anche nel mettere in guardia dal rischio di una percezione astratta dell’uomo da parte della Chiesa. Rileggere quel memorabile discorso permette anche di avvertire il lento spostamento del centro dell’attenzione: quello che viene progressivamente ad emergere sono le parole che pongono l’accento su un modo di essere Chiesa, che rischia l’autoreferenzialità e il fissismo. Sono le parole coerenti con l’insegnamento di Francesco, un magistero che si direbbe rivolto principalmente ad intra Ecclesiae: è della storia della Chiesa che vi siano papati che hanno visto maggiormente accentuato il versante interno, mentre altri pontificati hanno conosciuto un’attenzione primaria verso l’esterno. Anche quando papa Francesco parla di “Chiesa in uscita”, in ultima istanza sta parlando alla propria comunità, invitandola alla profonda conversione delle strutture e dei cuori.

Si potrebbe obbiettare che così facendo quella cifra antropologica e cristologica emergente dal titolo del Convegno, venga a perdersi. Tuttavia, a ben intendere il discorso, il momento cristologico non pare scomparire del tutto: anzi, forse è quello stesso discorso a tracciare una nuova configurazione della Chiesa italiana proprio a partire dalla persona di Gesù. Lo si vede, in modo specifico, nella ricerca dei tratti dello stile di Gesù proposti alla comunità e ai singoli credenti; laddove, all’inizio del suo discorso, il papa sottolinea nell’umiltà, nel disinteresse e nella beatitudine ciò che contraddistingue il fedele seguace del Signore. Quello che il Convegno di Firenze consegna alla Chiesa italiana è dunque qualcosa di un poco diverso rispetto al tema originario: la comunità ecclesiale italiana sarà chiamata a confrontarsi sull’assunzione dello stile di Gesù nella propria vita concreta. Si direbbe – parafrasando il titolo del Convegno – che sarà chiamata a riflettere, piuttosto, su: “In Gesù Cristo il nuovo stile di Chiesa”.

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Francesco Vermigli

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