Meister Eckhart e l’esperienza mistica: spunti per un nuovo pensare oggi

308 500 Dario Chiapetti
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220px-alois_maria_haas-200x300di Dario Chiapetti • Nel contesto odierno segnato dal desiderio degli uomini di comunicare tra loro e, allo stesso tempo, dall’incapacità di realizzare una tale impresa, ciò su cui la mia attenzione si è focalizzata, a partire dalla lettura del testo di Alois Maria Haas, Grandi mistici. Meister Eckhart (EDB 2016), sono queste parole del mistico renano: “vi prego di essere tali da capire questo discorso; invero, vi dico nella verità eterna: se non sarete uguali alla verità di cui parleremo, non mi capirete”.

La comprensione è presentata come un fatto mistico: “il pensante – spiega Haas – diventa un caso esemplare di quell’unità che egli abbraccia pensando”. Eckhart, in primo luogo, presenta ai suoi interlocutori il suo intento di comunicare con loro come postura orante, “vi prego”; in secondo luogo, per essere compreso, richiede loro non una preparazione o delle competenze ma un dato ontologico, un “essere tali”; in terzo luogo, anticipando la spiegazione del significato di questo “essere tali”, dichiara la necessità di essere egli stesso collocato “nella verità eterna”, nella vita divina; infine, rivela come la comprensione di quanto si appresta a comunicare non sia possibile se gli interlocutori non saranno “uguali alla verità”.

La verità è così oggetto del comunicare, luogo da cui poterla comunicare, da cui poterla comprendere, immagine che gli interlocutori devono assumere per poterla intendere. Non vi è dialogo che non sia teso alla comunicazione della verità; la vita divina è il luogo in cui pensare, dire, comprendere tale verità; ed essa è per gli interlocutori l’Immagine-termine dell’identificazione e causa di tale processo.

La mistica di Eckhart, da una prospettiva essenzialmente cristocentrica in quanto strutturata sull’incarnazione e l’inabitazione interiore, apre la riflessione attorno al pensare l’evento comunicativo; al pensare come proprium dell’evento comunicativo; alla dimensione mistica dell’evento comunicativo, del pensare e della relazione tra loro.

L’approfondimento dei suddetti assunti urge anche oggi e proprio a partire da quello che papa Francesco ha chiamato, rivolgendosi ai rappresentanti del V Convegno Nazionale della Chiesa Italiana, il “cambiamento d’epoca” che stiamo vivendo. Il vescovo di Roma invita, dal canto suo, come è possibile cogliere dai movimenti generali del discorso portato avanti in Evangelii Gaudium, ad aprire “nuovi orizzonti al pensiero” (EG 242) a partire dall’esperienza cristiana, come una vera e propria mistica, intesa come esperienza “mistica di vivere insieme” (EG 87), per “entrare nella comunione perfetta della Santissima Trinità, dove ogni cosa trova la sua unità” (EG 117). Trinità-parola-comunicazione-pensiero-esperienza mistica. Queste le coordinate lungo le quali, facendo tesoro dei contributi offerti da pensatori quali Eckhart, è possibile approfondire, in senso intra ed extratrinitario, il discorso teologico sul pensare mistico.

Il punto fondativo di una tale prospettiva si situa proprio nella rivelazione dell’essere che l’autorivelazione di Dio Trinità offre. Quest’ultima mostra come Dio stesso sia in sé relazione d’amore eternamente scambiata tra Padre, Figlio e Spirito Santo. Tale relazione ha origine nella Parola pronunciata, ovvero, nell’atto da parte del Padre di dire Sé, generando così il Figlio, quale Parola del Padre, nello Spirito, quello spazio in cui Essa è udita, si fa risposta al Padre ed è comunicata ad-extra. L’essere è pertanto la relazione tra Parola pronunciata, udita e accolta. Ora, se il Pensare sorge proprio in tale relazione, il suo statuto ontologico è dato dalla relazione tra Parola pronunciata, udita e accolta e il dinamismo trinitario costituisce la condizione di possibilità e l’espressione del comunicare e del pensare.

In Dio essere e pensiero coincidono, come, del resto, sostiene Eckhart con Tommaso e Bonaventura, seppur in modi diversi. L’uomo aspira a unirsi a Dio e ciò avviene mediante l’esperienza che egli fa di Dio, e, quindi, mistica. Essa, in quanto “esperienza”, indica quel processo conoscitivo che porta il soggetto conoscente a cogliere i significati dei dati che entrano nel suo orizzonte; in quanto “mistica” tale processo prende avvio dal darsi trinitario dell’essere e porta ad una sua comprensione in termine di unione con esso. Infatti, da un lato, tale essere è Parola pronunciata, udita e accolta, dall’altro, la sua comprensione avviene nell’unità inverata tra l’essere che si dà – che già in sé è Unità – e il soggetto a cui esso si dà.

Tornando ad Eckhart, la sua concezione dell’essere come pensiero (addirittura “est ipsum intelligere fundamentum ipsius esse“), in primo luogo, può essere quindi accolta non se indice di una spersonalizzazione della nozione di Dio, ma, al contrario, se come massima espressione della comprensione della (tri)personalità e trinitarietà di Dio e quindi dell’aggancio del pensiero ad essa. In secondo luogo, di conseguenza, il pensiero acquisisce, sì, una valenza salvifica (“ascendere ad intellectum“) non, però, come soluzione gnostica al problema soteriologico, al contrario, fedelmente ad una teologia della Parola trinitariamente impostata, in quanto esso, essendo cifra dell’essere dell’uomo a immagine e somiglianza di Dio Trinità, rivela il suo esercizio quale espressione del dinamismo trinitario accolto e comunicato.

Da ultimo si ha che la condizione di possibilità del pensiero è data dalla dinamica trinitaria di Dio e dall’essere dell’uomo inserito in essa, ma anche che tale inserimento avviene nella “mistica di vivere insieme”, quella trinitarietà di Dio ad-extra tale per cui l’unione col divino, e perciò il pensare, non avviene nell’interiorità dell’uomo monadicamente inteso ma nell'”interiorità allargata” (cf EG 272): la relazione con l’altro quale unità allargata di Dio che permette all’uomo di riflettersi nell’altro e così in Dio, distinguendosi veramente, di pensarsi e di pensare.

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Dario Chiapetti

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