L’umile pasqua ordinaria. La domenica

280 261 Carlo Nardi
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duccioultimacenadi Carlo Nardi Non si sa per certo se a Roma nel secondo secolo si celebrasse tutti gli anni la pasqua, come noi la intendiamo. Di certo si celebrava quella settimanale, il ‘giorno del Signore’, la domenica. Racimolare le più antiche testimonianze sulla domenica ci fa bene anche per vivere la pasqua annuale.

Oltre al vangelo della domenica in albis, nell’ottava di pasqua (Gv 20), negli Atti degli apostoli c’è la notizia di una riunione domenicale notturna con san Paolo a Troade: con la sua abbondante parola, con il ragazzo Eutico che per un colpo di sonno fa un capitombolo dai piani superiori, con lo spezzare il pane da parte dell’apostolo e il mangiarne – la messa? – e con la gioia finale, anche perché il giovanotto l’aveva scampata bella! Con le vicende divine e umane di una comunità (At 20,6-12).

E poco dopo il Nuovo Testamento ecco la Didachè, un libriccino che è un po’ catechismo, un po’ messalino, un po’ vademecum per una vita timorata di Dio. Vi si legge: «Nel giorno del Signore», ossia «la domenica del Signore» – due volte “Signore” perché si capisse bene -, «una volta riuniti, spezzate il pane e rendete grazie», l’eucaristia, «dopo aver prima confessate le vostre cadute» – confessione dei peccati? E in che modo? «perché il sacrificio da parte vostra sia puro. Chiunque è in dissidio col suo compagno non venga con voi, finché non si siano rimpaciati, perché il sacrificio da parte vostra non sia profanato. È questo è il sacrificio di cui ha parlato il Signore: ‘‘Offrire in ogni luogo e in ogni tempo a me un sacrificio puro, perché io sono un re grande, dice il Signore, e il mio nome desta stupore tra le genti’’» (Didachè 14,1-3), con le parole del profeta Malachia (1,11.14).

L’idea del compimento delle profezie nella pasqua domenicale con il sacrificio eucaristico è nel vescovo Ignazio di Antiochia in cammino attraverso l’Asia Minore alla volta di Roma, dove sarà martirizzato verso il 108: «Quelli che si regolavano in base alle antiche prassi» del Vecchio Testamento, «sono giunti alla novità della speranza» cristiana: ora, gli ebrei fattisi cristiani, «non osservano più il sabato, ma vivono nella scansione del giorno del Signore», la domenica, pasqua di risurrezione, «nella quale anche la vita di noi» un tempo pagani «è sorta per mezzo di Lui e della sua morte» (Lettera ai cristiani di Magnesia 9,1). In quegli essi anni in Asia Minore Plinio il Giovane, da proconsole romano, doveva pensare con preoccupazione alla domenica, quando riferiva all’imperatore Traiano che i cristiani, «avevano l’abitudine di riunirsi prima dell’alba in un giorno fisso per avvicendarsi insieme in un canto a Cristo, come a un dio, e impegnarsi in un giuramento» all’osservanza dei comandamenti, per poi sciogliersi e «riunirsi di nuovo per prendere un cibo ordinario» (Lettere X,96,7). Era quello che un pagano del tempo poteva sapere dell’eucaristia? Anzi, date le due riunioni, di una specie di lodi mattutine e poi della messa? Succedeva tra il 111 e il 113.

Da quanto fanno capire le voci antiche, la pasqua ‘speciale’, annuale, è in funzione di quella ‘normale’, la domenica settimanale. E quello che ci dicono non è poco per la nostra vita, per una vita serena nel tempo che è di Dio.

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