La vita del consacrato, segno profetico che si attua nell’alveo del proprio statuto giuridico

600 387 Francesco Romano
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2015-anno-della-vita-consacratadi Francesco Romano • Il 2 febbraio si è chiuso l’anno dedicato alla vita consacrata. Nello stesso mese di febbraio del 2015, in questa Rivista “Il mantello della giustizia”, ce ne occupammo con un intervento intitolato “Anno della Vita Consacrata: Troverete la vita dando la vita, la speranza dando la speranza, l’amore amando”. Un ulteriore spunto per ricordare questo evento è il significato profetico della vita consacrata sul quale il Papa, nella Lettera Apostolica per l’Anno della vita consacrata “Ai consacrati”, pone l’accento per dire ai religiosi “svegliate il mondo” e ricordare loro che “seguono il Signore in modo speciale, in modo profetico” perché la loro priorità è di “essere profeti che testimoniano come Gesù ha vissuto su questa terra”. Infine, nell’udienza del 1° febbraio 2016 per la conclusione dell’Anno della vita consacrata, il Papa nel suo discorso davanti a cinquemila religiosi e religiose ha usato tre parole-chiave: “profezia”, “prossimità” e “speranza”.

La vita consacrata è seguire Cristo “più da vicino” e “con nuovo e speciale titolo” (can. 573 §1), cioè perfettivo rispetto a quello derivante dal battesimo (LG 44, 1). In questo senso, come vi sono obblighi e diritti dei Christifideles laici (cann. 224-231) e chierici (cann. 273-289), allo stesso modo non può sfuggire che anche la sequela di Cristo nella vita consacrata, con nuovo e speciale titolo, richieda un percorso con specifici obblighi e diritti (cann. 662-672), infatti il can. 662 così recita: “I religiosi abbiano come regola suprema di vita la sequela di Cristo proposta nel Vangelo ed espressa nelle costituzioni del proprio istituto”. Quindi, l’essenza della vita consacrata e la regola suprema è seguire più da vicino Cristo “sia che preghi, sia che annunzi il regno di Dio o benefichi gli uomini o ne condivida la vita nel mondo, ma che sempre compie la volontà del Padre” (can. 577).

La vita di pietà, il primo dei doveri fondamentali, come risposta alla regola suprema, è essere e rimanere nella sequela di Cristo assumendo impegni concreti indicati dalle proprie costituzioni mettendo però al vertice la preghiera e la dimensione contemplativa (can. 663 §1) che è l’attenzione costante della mente e del cuore a Dio e alle cose divine (Perfectae caritatis, 5, 4). L’intimo rapporto con Dio si attua in modo particolare nella partecipazione quotidiana al Sacrificio eucaristico e nel ricevere il Corpo di Cristo (can. 663 §2), nella lettura della sacra Scrittura, nell’orazione mentale e negli altri esercizi di pietà (can. 663 §3), nel culto speciale alla Vergine Maria (can. 663 §4), nell’osservanza fedele degli annuali esercizi spirituali (can. 663 §5), nell’esame di coscienza giornaliero e nella frequenza del sacramento della penitenza (can. 664).

La vita comune, elemento essenziale per gli Istituti di vita consacrata religiosi, è tutelata dall’obbligo di abitare nella propria casa religiosa. L’assenza legittima è regolata dal can. 665 §1 mentre per l’assenza illegittima è prevista un’azione pastorale del Superiore maggiore (can. 665 §2) che, se non produce effetti, può arrivare alla dimissione del religioso dall’Istituto (cann. 696 §1- 699).

L’uso dei mezzi di comunicazione sociale viene regolato dal can. 666 che si presenta solo come un’esortazione per lasciare al diritto particolare di individuare norme specifiche da adottare nelle proprie costituzione o direttori. Tuttavia, il senso della norma richiama alla tutela dell’identità del consacrato religioso per la forma di vita che lo contraddistingue come separazione dal mondo e testimonianza della donazione totale a Dio (can. 607 §§1 e 3), ma in modo più esplicito vuole allontanare il pericolo per la castità.

L’obbligo della clausura deve essere commisurato alla missione e alla natura dell’Istituto riservando ai soli religiosi una parte della casa (can. 667 §1). La clausura deve aiutare la comunità a vivere gli elementi essenziali della propria consacrazione nel ritiro e nel silenzio attendendo alla meditazione e alla preghiera. I monasteri di monache dovranno osservare una clausura più stretta regolata dalle norme della Santa Sede o dalle proprie costituzioni (can. 667 §2).

Il voto di povertà determina gli effetti giuridici che il can. 668 regola con i suoi cinque paragrafi entrando nei rapporti che il consacrato instaura con il proprio Istituto circa l’amministrazione dei beni e la capacità di acquisire e possedere che si diversifica in base al voto temporaneo o perpetuo, oppure in base al tipo di rinuncia secondo la natura dell’Istituto.

Dall’ingresso nell’Istituto deriva al religioso il diritto di ricevere tutto ciò che gli è necessario per conseguire il fine della propria vocazione (can. 670). Il senso della norma va oltre il riferimento ai beni materiali, ma include anche i beni spirituali per cui il can. 619 sottolinea il dovere da parte dei superiori di offrire il nutrimento della parola di Dio e di guidare alla celebrazione della sacra liturgia, di essere di esempio nell’esercizio delle virtù e nell’osservanza delle leggi e delle tradizioni del proprio istituto, di provvedere alle necessità personali, di curare e visitare con premura gli ammalati, di riprendere i turbolenti, incoraggiare i timidi, essere pazienti con tutti.

Un insieme di doveri per i religiosi, sia chierici che laici, sono elencati nel can. 672 che fa propri gli stessi canoni che sono già stati dati per i chierici, come riportiamo qui di seguito: obbligo della perfetta e perpetua castità nel celibato e della debita prudenza nei rapporti con le persone (can. 277); obbligo di astenersi da tutto ciò che è sconveniente al proprio stato (can. 285 §1) e di evitare quanto è alieno al medesimo (can. 285 §2); divieto di assumere pubblici uffici, con partecipazione all’esercizio del potere civile (can. 285 §3); divieto di assumere, senza licenza del proprio ordinario o del superiore maggiore l’amministrazione di beni appartenenti ai laici e uffici secolari che comportino l’onere del rendiconto (can. 285 §4); divieto circa la fideiussione e la firma di cambiali senza licenza del proprio ordinario (can. 285 §4); divieto circa le attività affaristiche e commerciali (can. 286); obbligo di promuovere la pace e la concordia (can. 287 §1); divieto di prendere parte attiva nei partiti politici e nella guida delle associazioni sindacali (can. 287 §2); obblighi relativi al servizio militare (can. 289 §1); incarichi e uffici alieni dal proprio stato (can. 289 §2). Inoltre, i religiosi chierici sono obbligati anche a quanto dispone il can. 279 §2, ovvero la partecipazione ai corsi di pastorale dopo l’ordinazione sacerdotale, ai convegni teologici, alle conferenze ecc.

Quindi, lo statuto giuridico traccia alla persona consacrata la strada da percorrere perché, come ha detto Papa Francesco incontrando i consacrati il 1° febbraio 2016, possa annunciare che la sua vita è “profezia” cioè “che c’è qualcosa di più vero, di più grande, di più buono al quale tutti siamo chiamati.

Lo statuto giuridico della vita consacrata promuove la chiamata del religioso a farsi “prossimità”, cioè “capire la vita dei cristiani e non cristiani, le sofferenze, i problemi, le tante cose che si capiscono soltanto se un uomo e una donna consacrati diventano prossimo nella prossimità” (cf. Papa Francesco ai consacrati il 1° febbraio 2016).

Lo statuto giuridico del consacrato, infine, disegna un profilo di vita nei suoi elementi essenziali che lo guida nel percorso evangelico della “speranza”: “E voi sapete che i soldi sono lo sterco del diavolo. Quando non possono avere la grazia di avere vocazioni e figli, pensano che i soldi salveranno la vita; e pensano alla vecchiaia: che non manchi questo, che non manchi quest’altro… E così non c’è speranza! La speranza è solo nel Signore! I soldi non te la daranno mai. Al contrario: ti butteranno giù! Capito” (cf. Papa Francesco ai consacrati il 1° febbraio 2016).

Le tre parole chiave sottolineate da Papa Francesco, “profezia”, “prossimità” e “speranza” nel loro significato si coniugano con la sequela di Cristo “più da vicino” che la persona consacrata può compiere seguendo il percorso che la Chiesa le indica con il riconoscimento di un proprio statuto giuridico.

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Francesco Romano

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