La materia valida del pane e del vino per l’Eucaristia e la Lettera della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti (15.06.2017)

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Pont Congr Culto Divinodi Francesco Romano • La Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti (CCDDS) il 15 giugno 2017 ha inviato la “Lettera circolare ai Vescovi sul pane e il vino per l’Eucaristia”. Lo scopo di questo documento è di “ricordare che ad essi, anzitutto, spetta provvedere degnamente a quanto occorre per la celebrazione della Cena del Signore”.

L’oggetto specifico della Lettera verte sulla materia del pane e del vino per la validità della celebrazione del Sacrificio. L’uso del pane azzimo, invece, riguarda solo la liceità secondo la tradizione della Chiesa. L’argomento come si sa non è nuovo, nel senso che ripetute volte sia questo Dicastero pontificio che la Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF), soprattutto nell’arco del XX secolo, sono intervenuti per dare chiarimenti e disposizioni precise. Qui di seguito ci limitiamo a ricordare alcuni di questi interventi.

La materia del pane e del vino per la valida celebrazione dell’Eucaristia è di istituzione divina. Il Concilio di Firenze lo dichiara nella Cost. “Exultate Deo” del 22.11.1439. La validità della materia eucaristica è richiamata dal can. 815 del Codice di Diritto Canonico del 1917, dalla Sacra Congregazione del S. Uffizio il 2.07.1922, dalla “Institutio Generalis Missalis Romani” (IGMR) del 26.03.1970, n. 281 e dal can. 924 §§2-3 del vigente Codex. La CDF il 9 maggio 1973 nel rispondere alla domanda della Conferenza Episcopale dello Zaire se fosse possibile celebrare la messa, oltre che con i vini rossi provenienti dall’estero, anche con vino ricavato da palma o da canna da zucchero, riconfermava che l’unica materia valida è il “vinum ex vitis”.

La materia valida del pane e del vino per la celebrazione dell’Eucaristia è ribadita nell’Istruzione del 3 aprile 1980 della CCDDS intitolata “Su alcune norme relative al culto eucaristico”.

Il pane, per la validità della materia, deve essere “solo di frumento”, “mere triticeus”. L’avverbio “mere”, volutamente conservato per sottolineare la validità della materia, così come si esprimeva il Concilio di Firenze, è riportato dal Codex 1917, dall’IGMR del 26.03.1970 e dal Codex 1983 al can. 924 §2 nella cui redazione era stato proposto di eliminare l’avverbio “mere”. E’ materia invalida il pane confezionato con altre specie di cereali come il miglio, il riso, l’orzo, l’avena, la saggina, il farro.

La CDF il 29.10.1982, a firma dell’allora Card. Ratzinger, risponde ai “dubia de celebrantis communione per intictionem ratione alcoholismi et de fidelium communione sub sola specie vini ratione morbi sic dicti celiachia”. Il documento intende fare chiarezza e porre paletti insormontabili, anche di fronte a situazioni di necessità, nella discussione sulla materia eucaristica sollevata soprattutto da parte delle Conferenze episcopali del Terzo mondo dove spesso il pane e il vino non rientrano nella cultura alimentare, per cui si verificavano abusi nel sostituirli con altra materia non valida.

La risposta data al primo dubbio riguarda il sacerdote alcolista che può comunicarsi per intinzione solo nella messa concelebrata, oppure nella celebrazione da solo purché ci sia un fedele che consumi ciò che rimane del vino consacrato. Quindi, non è ammessa nessuna materia in alternativa al vino. Il secondo dubbio risponde in modo affermativo nel permettere ai fedeli affetti da celiachia di ricevere la comunione solo sotto la specie del vino, mentre vengono proibite le ostie speciali con l’asportazione totale del glutine trattandosi di un complesso proteico necessario al processo di panificazione.

La CDF rispondendo alle richieste di alcuni episcopati di aggiornare le suddette disposizioni del 29.10.1982 sulla presenza di glutine, invia il 19.06.1995 una lettera circolare firmata dal Card. Ratzinger ai Presidenti delle Conferenze Episcopali con queste precisazioni: le ostie speciali alle quali è stato asportato totalmente il glutine sono materia invalida, mentre sono materia valida se è presente almeno la quantità minima di glutine da non impedire la panificazione. Il mosto può essere utilizzato a giudizio degli Ordinari in sostituzione del vino dai sacerdoti affetti da alcolismo o da altra malattia che impedisca l’assunzione di alcool. Per mosto si intende il succo di uva fresco o anche conservato sospendendone la fermentazione tramite congelamento o altri metodi che non ne alterino la natura. Per i sacerdoti che hanno il permesso di usare il mosto rimane il divieto di presiedere la concelebrazione, salvo alcune eccezioni previste. In tali casi per gli altri concelebranti deve essere predisposto un calice con vino normale.

La CDF con lettera del 17 agosto 2001 al Presidente dell’Associazione Italiana Celiaci, nel recepire i risultati della ricerca sulla produzione di ostie a bassa quantità di glutine, fa presente che questo tipo di ostie rispetta “le decisioni a suo tempo assunte dal Dicastero circa l’uso del pane con poca quantità di glutine” e pertanto ha giudicato “favorevolmente l’iniziativa intrapresa e i conseguenti risultati, conformi alle disposizioni in ordine alla materia valida per la consacrazione e ai necessari parametri che salvaguardino la salute del fedele celiaco”.

L’Ufficio Liturgico Nazionale della CEI il 18.10.2001 emana il documento “La comunione dei celiaci in Italia” circa le ostie che ordinariamente devono essere prodotte con farina di frumento e conseguentemente con presenza di glutine, benché in bassa concentrazione in modo da rendere accessibile ai fedeli celiaci la comunione al pane eucaristico.

La CDF il 24.07.2003 ha inviato ai Presidenti delle Conferenze Episcopali una Lettera circolare circa l’uso del pane con poca quantità di glutine e del mosto come materia eucaristica, lasciando agli Ordinari la competenza di concedere la licenza abituale fino al perdurare della causa che ne ha determinato la concessione, a favore di un singolo fedele o di un sacerdote.

La CCDDS nell’Istruzione “Redemptionis Sacramentum” del 25.03.2004 insiste nel ricordare che la materia del pane deve essere prodotta solo di frumento e di recente preparazione per la valida celebrazione del sacrificio e del sacramento eucaristico. Viene riprovato l’abuso di introdurre nella confezione del pane altre sostanze come frutta, zucchero, miele. Il vino deve essere naturale, del frutto della vite, genuino, non alterato, né commisto a sostanze estranee, sulla cui genuinità e provenienza non ci sia dubbio, viene riprovato anche qualsiasi pretesto a favore di altre bevande di qualsiasi genere che non costituiscano materia valida. Inoltre, la CCDDS con Lettera del 9.12.2013 rende nota la validità della materia eucaristica confezionata con organismi geneticamente modificati.

La recente Lettera della CCDDS non introduce alcuna novità rispetto a quanto già si sapeva. Ha solo lo scopo di tornare ricordare ai Vescovi diocesani che a loro spetta di vigilare sulla qualità del pane e del vino destinati all’Eucaristia e su coloro che li preparano. Inoltre si sollecitano gli Ordinari a ricordare ai sacerdoti, ai parroci e ai rettori delle chiese di verificare l’idoneità della materia e chi la produce.

Chi si dedica da molto tempo all’insegnamento e, quindi, alla formazione dei futuri presbiteri sa bene che quanto si è detto fin qui, in modo particolare sul pane e vino come materia per la valida celebrazione dell’Eucaristia, è il minimo che si possa esigere da chi si sta preparando al ministero sacro.

Sono note le espressioni che qualificano la SS.ma Eucaristia, come centro e vertice della celebrazione dei sacramenti e della predicazione, fonte e apice di tutta la vita cristiana, centro della comunità dei credenti. Tutti i sacramenti, ministeri ecclesiastici e opere sono strettamente uniti alla Sacra Eucaristia e ad essa sono ordinati. Basti pensare che i due documenti della CDF del 29.10.1982 e del 19.06.1996 dichiarano che “I candidati al sacerdozio che sono affetti da celiachia o soffrono di alcoolismo o malattie analoghe, data la centralità della celebrazione eucaristica nella vita sacerdotale, non possono essere ammessi agli ordini sacri”, in linea con il can. 1029 circa le “qualità psichiche e fisiche congruenti con l’ordine che deve essere ricevuto”. Per questo non può non sorprendere che ancora vi sia chi dubiti sulla validità della materia eucaristica da comportare di nuovo l’intervento di un dicastero pontificio con una Lettera circolare indirizzata ai Vescovi. Altra cosa è l’ignoranza di un ministro sacro, non scusabile almeno per gli studi istituzionali compiuti durante il tempo del seminario, magari passato indenne agli esami. Per esperienza diretta posso riferire che spiegando queste nozioni elementari non di rado alcuni studenti mi chiedono se sia possibile usare altre bevande al posto del vino avendolo sentito raccontare da qualche sacerdote missionario e si meravigliano quando la risposta categorica è no così come la Chiesa si è sempre pronunciata. Qualcosa di molto simile ci richiama alla mente il quesito sopra riferito che la Conferenza Episcopale dello Zaire rivolse alla CDF il 9 maggio 1973.

Queste ed altre cose rendono evidente l’alta funzione pastorale che svolgono i docenti chiamati a servire la Chiesa dalla cattedra.

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Francesco Romano

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