La campagna elettorale e l’impegno dei cattolici

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di Marco Tarallo · La campagna elettorale ripropone con la sua periodica coerenza la questione dell’impegno politico dei cattolici. Dopo la dissoluzione del partito confessionale, questo impegno seguì i sentieri dell’incontro con le nuove elaborazioni politiche conservatrici – nella protezione di una piattaforma di interessi e valori sentita come patrimonio identitario del paese e della chiesa; con le evoluzioni di quelle progressiste – promuovendo l’incontro tra culture politiche riformatrici e sviluppando riflessioni sui diritti, in parte coperte dagli equilibri della Prima Repubblica; infine perseguì uno sviluppo concettuale e pratico nel terzo settore, interpretando l’azione politica come agire diffuso nel campo più esteso della società civile, e sottraendosi quindi al contatto diretto con la società politica a favore di un lavoro di sensibilizzazione popolare.

Alla base di queste scelte ci fu l’idea che, nella nuova fase che si apriva per il paese, era possibile per i cattolici reagire allo stimolo dell’esperienza religiosa in modi differenti, secondo l’ispirazione dettata dalla fede. Si pensò che ciascun credente avrebbe testimoniato una parte dell’infinita verità trascendente fondandone la credibilità sulla responsabilità personale, non caricabile sulla comunità ecclesiale né tantomeno sulla propria religione. Conclusasi la minaccia realistica del comunismo materialista e ateo, non era più richiesta l’unità politica dei cattolici, che sottaceva le differenze in funzione di un confronto storico decisivo. L’unità, sfilacciatasi progressivamente, tenne comunque fino alla fine. Di lì in poi, i cattolici recuperarono la libertà investita in questo progetto e presero diverse direzioni. Fu creduto positivo, anche se con qualche inquietudine per la conclusione di una storia importante: ovunque andassero politicamente, si riteneva che i cattolici avrebbero influenzato la parte scelta contribuendovi con le proprie risorse ideali e umane.

Bisogna pensare che sia avvenuto così, poco prima delle prossime elezioni legislative? La galassia cattolica esprime in ruoli apicali della società della politica dello stato, la campagna elettorale riserva ancora attenzione ai simboli e ai messaggi religiosi, agli interessi e agli eventi di alcuni settori. Il dibattito sulla questione non è comunque positivo. Oltre a un assottigliamento quantitativo dei cattolici tra le candidature al Parlamento – da verificare nella difficoltà dell’individuare appartenenze e adesioni culturali – è denunciata l’incapacità cattolica di esprimere delle voci, degli orizzonti chiari e riconoscibili. Ad una campagna elettorale avvertita confusa corrisponde una confusione e come dire un’afonia dei cattolici, che finora non si sono organizzati nell’esprimere un qualsiasi orientamento, un’agenda politico-sociale riconoscibile. E’ vero?

I trent’anni di Seconda Repubblica hanno avuto ben presente come elemento politico il consenso cattolico e dei cattolici. Le campagne elettorali e la vita parlamentare hanno manifestato spesso di sentire la sua importanza. Si ebbe una stagione in cui la Conferenza Episcopale Italiana tentò di farsi piattaforma di incontro tra politica, cattolici e potremmo dire cattolicesimo. Allora era chiara una proposta per il paese in cui si ritrovava riconoscibile un sistema di valori e di interessi interconnessi. Fu una proposta elaborata dalla gerarchia ecclesiastica di concerto con alcuni settori del laicato cattolico. L’orizzonte era chiaro: un paese legato imprescindibilmente a una lettura tradizionalista dei valori e degli stili di vita, e che dava priorità nei rapporti socio-economici ai detentori della proprietà e dei ruoli chiave dell’industria e dei servizi. Questa proposta fu maggioritaria per un periodo, anche se quote rilevanti dei cattolici lavorarono a alternative più o meno efficaci centrate sulla modernizzazione economica e civile, attraverso l’incontro tra stato, corpi intermedi e rivendicazioni individuali.

Il protagonismo politico cattolico non intaccò il progressivo distacco popolare, affettivo culturale individuale, dal cattolicesimo. La secolarizzazione, iniziata tempi storici prima, arrivò a nuovi livelli, fino a quando i cattolici e la chiesa cattolica dovettero cominciare a fare i conti non solo con la realtà, ma con la percezione di essere una parte, una minoranza tra le altre nel paese. A oggi insomma non è più nemmeno pensabile per i cattolici di rappresentare l’Italia nel suo insieme, di non essere fazione, parte, minoranza.

Non è la coscienza dei fenomeni in corso a essere nuova. E’ nuova la concezione di sé nei confronti di questi fenomeni. La dismissione dell’idea di un’Italia cattolica, di un cattolicesimo egemone se non poteva essere quantitavamente maggioritario, è collocabile tra la fine del connubio tra berlusconismo e cattolici conservatori e la fine traumatica dal sapore fallimentare del pontificato di Benedetto XVI.

In effetti a traghettare la concezione di sé, dirò così, non minoritaria dei cattolici dall’unità politica alla partecipazione plurale fu l’alleanza tra episcopato e cattolici conservatori. Gli altri cattolici e i cattolici silenti avevano potuto assumere la nuova coscienza da tempo, nel confronto diretto con la secolarizzazione, con l’azione politica progressista e nello scontro con un sistema sociale insensibile alle formulazioni di economia solidale e civile che si andavano proponendo. Il distacco definitivo e traumatico va fatto coincidere con il distacco che ne ebbero i settori cattolici che lo subirono impreparati e da ultimi.

Il silenzio richiesto da papa Francesco alla gerarchia, in occasione della presente campagna, va forse inserito qui. Consapevole del fatto che l’alleanza con l’episcopato ha tolto ai laici parole e forza proprie, per creare una dinamica emancipativa si lasciano i laici davanti al silenzio politico dei punti di riferimento. Se non si può avere una linea dai vescovi, all’inizio si può rimanere senza voce, ma forse si può anche reagire formandone una propria, secondo il ruolo conciliare dei laici nel mondo.

L’incapacità di voce, voci chiare dai cattolici ha quindi dei fondamenti. Al di là dei vescovi non in grado di dettare una linea, la forte divisione tra le diverse opzioni politiche non lascia indenne la possibilità di farsi sentire. I cattolici, come tutti, sono rilevanti solo se fanno rete, anche al di là dei partiti di appartenenza. È che non rimane un linguaggio comune. La distinzione tra “cattolici della morale” e “cattolici del sociale”, in qualche modo nevrotica, tra posizioni alternative finora inconcludenti al capitalismo nel sociale, proposte conservatrici in definitiva inattuali nell’etica, è il clivaggio di un cattolicesimo politico il quale dobbiamo domandarci se faccia a sopravvivere alla sua occupazione cinquantennale e malriuscita dello stato.

La fatica ecclesiale e politica dei cattolici si avverte anche nel documento della fase diocesana del sinodo, da poco pubblicato. I cattolici, ricevuta la parola, non vanno al di là di una forse in fondo corretta descrizione dello stato delle cose e dei suoi punti più critici, ma senza afflato operativo, apostolico. È la fatica, la spossatezza comune con cui si arriva anche a queste elezioni.

Rimane un patrimonio culturale e di pratiche sedimentatosi silenziosamente in questi anni, tra terzo settore, moderatismo e progressismo. Le proposte politico-sociali che hanno trovato luogo di aggregazione e di catalizzazione nelle piattaforme pontificie dei sinodi e di Economy of Francesco non hanno trovato spazio di rilievo nel dibattito pubblico, subordinato a visioni conservatrici di economica politica. Queste stesse proposte posseggono però un’alta qualità teorica e pratica, essendo state sviluppate in ambienti estremamente sensibili al legame tra i due versanti, capaci di fornire insieme soluzioni concrete e di largo respiro. I nuovi sviluppi dell’economia civile e dell’ecologismo sono pronti per diventare l’agenda di riferimento dei cattolici, se si rivelano capaci di organizzazione e volontà emancipativa.

Morale e sociale raggiungerebbero così una ricomposizione in un’etica condivisa per una galassia cattolica che non l’ha più, e che può essere anche una proposta politica definita, per un paese che un’etica condivisa non l’ha mai avuta. Il mondo morale non avrebbe autonomia dal mondo sociale, anzi verificherebbe la propria validità in questo. Se la realtà dice che la strada sono l’accoglienza, l’inclusione, la condivisione della decisione, la creazione di reti che valorizzano gli emarginati come soggetti in processi di trasformazione di valore, allora questa è la strada anche nel campo morale.

Ad oggi il campo cattolico da una parte ha messaggi di destra, di freno dei diritti. Qui trova appoggio nelle forze conservatrici, la cui azione politica è semplicemente di mantenere l’esistente. Dall’altra pretende di sognare mutamenti importanti nei rapporti socio-economici. Quindi si scontra con quello stesso mondo, da cui si fa inglobare e combattere allo stesso tempo. A motivo del senso di impotenza e di invisibilità dei cattolici, c’è una scelta che non è stata fatta.

Il moderatismo centrista era comprensibile in un momento in cui il problema era il confronto tra visioni del mondo alternative e entrambi nobili, in qualche modo legittimate non solo di fatto. Ora c’è una polarizzazione, forse, ma non tra alternative tutte condivisibili. Soprattutto, il moderatismo non è sfuggito alla trappola di farsi inglobare dalle classi egemoni, che in Italia impediscono normali momenti di avvicendamento sociale. In un paese così, dove ci sono attori molto più forti di altri, la pretesa di equidistanza del moderatismo è diventata subito soggezione a una parte.

L’ “opzione preferenziale per i poveri” non può che essere una proposta integrata di adesione morale, sfida sociale e mutamento ecclesiale.

Sitografia minima

Per una nuova agenda politica: 3. I cattolici, questi sconosciuti (luigialici.blogspot.com)

L’impegno, oggi, dei cattolici in politica – di Stefano Zamagni – Politica Insieme

Questione cattolica, una centralità da ritrovare- Corriere.it

lAdige-10.08.2022-38.pdf (ilcentropopolare.it)

Il voto moderato dei cattolici. Il centro come metodo e prospettiva politica – Comunità di Connessioni (comunitadiconnessioni.org)

http://www.settimananews.it/sinodo/sinodo-la-sintesi-italiana/

http://www.settimananews.it/sinodo/sinodo-la-voce-delle-chiese-italiane/

https://formiche.net/2022/08/cattolici-italiani-irrilevanti/

https://formiche.net/2022/08/voto-cattolico-politica-elezioni/

https://www.corriere.it/opinioni/22_agosto_28/eclissi-cattolica-politica-eb52b762-26f6-11ed-8b26-cee290e763d3.shtml?refresh_ce

https://www.c3dem.it/marco-damilano-il-ritorno-dei-cattolici-in-politica/

https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2022/08/21/voto-il-silenzio-della-chiesa01.html?ref=search

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