Angelo Rotta, Nunzio Apostolico e «Giusto tra le Nazioni»

177 284 Andrea Drigani
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di Andrea Drigani · Nella sua recente visita a Budapest Papa Francesco ha incontrato, tra l’altro, i rappresentanti del Consiglio Ecumenico delle Chiese e di alcune comunità ebraiche dell’Ungheria.

Durante la seconda guerra mondiale, nella terra magiara, fu particolarmente violenta ed estesa la persecuzione contro gli ebrei, che provocò circa mezzo milione di vittime.

In diversi ambienti politici e culturali ungheresi era diffuso, sin dagli inizi del Novecento, un consistente sentimento antisemita, inizialmente solo di natura intellettuale, ma che successivamente ispirerà la produzione, dal 1938, di leggi discriminatorie e poi oltremodo vessatorie nei confronti degli ebrei.

Le persecuzioni saranno tutto un crescendo che raggiungerà il suo apice, dall’ottobre del 1944, sotto il governo collaborazionista di Ferenc Szálasi, capo del partito delle Croci Frecciate, che coopererà con i tedeschi per le deportazioni in massa degli ebrei.

In tale contesto drammatico emerge la figura dell’arcivescovo Angelo Rotta (1872-1965), Nunzio Apostolico in Ungheria dal 1930 al 1945, che per la sua opera a favore degli ebrei è stato anche riconosciuto «Giusto tra le Nazioni» dallo Stato d’Israele.

L’azione del Nunzio Angelo Rotta (oggetto, peraltro, di una tesi di Baccalaureato presso la Facoltà Teologica dell’Italia Centrale redatta da don Davide Mazzoni) si sviluppò in tre direzioni: sul piano politico-diplomatico, nella collaborazione con l’episcopato ungherese, con l’assistenza e l’aiuto pratico ai perseguitati.

Per quanto attiene ai compiti previsti dal diritto diplomatico, monsignor Rotta usufruendo pure del suo ruolo di Decano del corpo diplomatico, d’intesa con i rappresentanti degli Stati neutrali, elevò proteste e richieste formali alle autorità civili magiare per il rispetto delle norme internazionali allora vigenti che, sia pur in modo minimale, prevedevano alcune garanzie per il rispetto della persona umana e della libertà religiosa.

Riguardo a queste attività, l’arcivescovo Angelo Rotta agì in piena sintonia col cardinale Luigi Maglione (1877-1944), Segretario di Stato della Santa Sede e poi con i monsignori Domenico Tardini (1888-1961) e Giovanni Battista Montini (1897-1978), rispettivamente Segretario della Congregazione per gli Affari Ecclesiastici Straordinari e Sostituto della Segretaria di Stato, ai quali, inoltre, Rotta aveva inviato numerose e dettagliate informazioni sulla situazione ungherese; ne sono prova gli ampi carteggi presenti nell’Archivio Vaticano.

Il Nunzio Rotta, in questo quadro, fu completamente d’accordo e sostenne con energia il cardinale Jusztinián Serédi (1884-1945), arcivescovo di Esztergom e Primate d’Ungheria, che sin dal 1934 si era espresso con dichiarazioni e con decreti contro il nazismo e il razzismo. Un’opposizione, quella del cardinale Serédi, che si fece sentire anche alla Camera Alta della quale era membro, anche se, purtroppo, con scarsi risultati.

L’arcivescovo Angelo Rotta, in collaborazione con altri rappresentati diplomatici e con Giorgio Perlasca (1910-1992) che si finse console spagnolo, fece confezionare lettere di protezione o passaporti fasulli per permettere agli ebrei di scappare, e prese anche in affitto numerosi edifici, posti sotto tutela diplomatica, dove, appunto, trovarono rifugio molti ebrei.

Il 12 febbraio 1945 le truppe dell’Unione Sovietica, dopo un lungo assedio con tremendi bombardamenti, occuparono definitivamente Budapest e obbligarono il Nunzio Angelo Rotta a lasciare l’Ungheria, costringendolo a un vero e proprio esodo di oltre tre mesi per raggiungere Roma.

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