di Stefano Liccioli · Torno volentieri a occuparmi di una pubblicazione di Giovanni Pallanti che, questa volta con Marcello Mancini, ha approfondito il ruolo dei cattolici nella Resistenza in Toscana. Per essere più precisi, il sottotitolo eloquente di questo libro (“Il Sangue degli Angeli”, Edizioni Toscana Oggi, 2025) recita così: “La faccia scomoda della Resistenza, il contributo dei cattolici per la libertà”. Già, perché almeno negli ultimi testi scritti da Pallanti c’è una coerenza particolarmente significativa nel voler raccontare la storia in maniera integrale, senza reticenze o omissioni di convenienza, senza paura di portare alla luce verità scomode, almeno secondo la narrazione ufficiale di certi eventi.
In questo caso si tratta di affrontare un aspetto importante per la vita della nostra Repubblica e cioè la Resistenza al nazi-fascismo. Si domandano gli autori: «Perché il ruolo dei cattolici nella resistenza armata è stato trascurato e si è confuso, quasi nascosto, nella retorica resistenziale della sinistra e del PCI? […] La Storia dovrà riconoscere ai partigiani cristiani che hanno combattuto e a quelli che sono morti nella guerra di liberazione, lo stesso stato di eroismo che ha elevato agli altari laici i martiri militanti nelle formazioni comuniste». A sostegno della loro tesi secondo cui la guerra per la Liberazione non avesse un colore solo, oltre all’evidenza dei fatti (aggiungo io), Mancini e Pallanti citano quanto scritto da Bruna Bocchini Camaiani e Maria Cristina Giuntella nel libro “Cattolici, Chiesa, Resistenza nell’Italia centrale” (Il Mulino, 1997) sull’approccio riduttivo della storiografia sulla presenza dei cattolici nella lotta di liberazione in Italia in favore della componente di matrice marxista. Le due storiche hanno poi il merito di precisare come la Resistenza non possa ridursi alla sola attività militare (aspetto per il quale sono state decisive le armi alleate), ma debba ampliarsi per comprendere molteplici soggetti e azioni che hanno contribuito alla liberazione della Toscana e dell’Italia, oltre alle formazioni partigiane: il ricostituito esercito regio “cobelligerante” con gli Alleati, i militari internati nel Terzo Reich che rifiutarono ogni collaborazione con i nazi-fascisti e tutte quelle persone di buona volontà che, anche senza imbracciare il mitra, negarono il consenso al regime liberticida di Hitler e Mussolini. La “Resistenza senza fucile” è forse il primo segno distintivo della partecipazione del mondo cattolico alla lotta di liberazione nonostante non siano mancati, osservano sempre Bocchini Camaiani e Giuntella, veri e propri gruppi partigiani come le Brigate del Popolo o le Fiamme Verdi.
Il libro è costruito in maniera sapiente. I profili biografici di sacerdoti, religiosi e laici cattolici e il ricordo del loro impegno e sacrificio trovano un’adeguata contestualizzazione storica grazie a quelle sezioni che offrono una prospettiva più generale sugli anni del passaggio del fronte sulla linea Gotica. Ho trovato altrettanto interessanti le pagine dedicate a una problematizzazione storiografica della Resistenza cattolica così come quella teologica della guerra come legittima difesa, secondo la visione di Giorgio La Pira. Il cuore della pubblicazione sono, ovviamente, i ritratti di tutti quei cattolici toscani che si sono opposti al nazi-fascismo fino, in molti casi, allo spargimento del proprio sangue alla pari degli altri combattenti antifascisti che invece hanno ricevuto maggior attenzione da parte della storiografia ufficiale. Vengono ricordate alcune stragi perpetrate dai tedeschi come quella di Castelnuovo dei Sabbioni il 4 agosto del 1944 in cui insieme a 88 parrocchiani persero la vita don Ferrante Bagiardi e il seminarista Ivo Cristofani: «dopo aver offerto la propria vita per salvare quella dei suoi parrocchiani, don Ferrante – viste vane le sue suppliche – dette l’assoluzione e distribuì la Comunione a tutti, e cadde sotto la mitraglia». La pubblicazione si conclude con una sorta di elenco martiriologico di sacerdoti, religiosi e seminaristi uccisi in Toscana per mano dei nazi-fascisti. Si tratta di 51 persone ma, come avvertono gli autori nella prefazione del libro, «abbiamo cercato di raccogliere più notizie possibile sul nome dei martiri, sulla loro vita e sulla loro fine. Su molti la verità è stata svelata solo decine di anni dopo. Su altri, si ignora ancora quasi tutto».