di Filippo Meli · Don Antonio Pompili è presbitero della diocesi di Roma dove ha conseguito gli studi teologici presso le Pontificie Università Lateranense e Gregoriana, la licenza in Scienze Bibliche presso il Pontificio Istituto Biblico e il dottorato in Teologia Biblica presso la Pontificia Università della Santa Croce. Attualmente è interlocutore referente della Pontificia Accademia di Teologia.
Di recente ha pubblicato il testo “Il simbolismo eucaristico nell’Apocalisse” (2024) affrontando un tema sicuramente ormai molto conosciuto, ma ancora da approfondire: ossia la considerazione che il libro dell’Apocalisse abbia un fortissimo carattere di stampo liturgico e quindi abbia come centro l’aspetto eucaristico.
L’autore mette in chiaro fin da subito come secondo la sua tesi la dimensione eucaristica in molte sue forme sia sottintesa nelle tante immagini e simbolismi presenti nel libro dell’Apocalisse. Si tratta senza dubbio di un approccio interessante che aiuta a svincolare il libro di Giovanni di Patmos dai numerosi pregiudizi e difficoltà di lettura di chi ci si approccia per la prima volta.
L’errore più comune è infatti quello di voler leggere l’Apocalisse come esclusivamente una speculazione escatologica sulla fine dei tempi o una complessa visione del giudizio finale. Il forte carattere liturgico, rituale e simbolico se approfonditi aprono a letture e temi che sono sicuramente molto attuali e da riscoprire. Sebbene questo aspetto sia ormai ben chiaro e accettato dagli studiosi, spesso per chi si approccia per la prima volta a questo testo biblico non è così e si può trovare arreso e spaesato da un linguaggio così complesso: in che modo posso trovare nutrimento alla mia fede leggendo dei quattro cavalieri o di draghi e bestie?
In questo senso è interessante il testo di Pompili che, per quanto non sia pensato per lettori neofiti, può fornire una chiave di lettura da sfruttare e riscoprire.
L’autore propone quindi un itinerario in tre tappe o dimensioni come se fossero cerchi concentrici: la liturgia, l’eucaristia e il simbolismo eucaristico. La prima dimensione o, se vogliamo, il cerchio più grande è proprio l’aspetto liturgico che fa da base al linguaggio usato da Giovanni di Patmos, conoscerlo e identificarlo significa quindi poter comprendere i dialoghi e lo stile usato, così da poter andare più a fondo e scoprire come all’interno di questo testo ci si rivolge ad una comunità cristiana che si sta sviluppando e che cerca di comprendere come inserire la propria fede in un contesto di notevole difficoltà.
Il lavoro di Pompili e sicuramente ben strutturato e chiaro, segue un percorso molto lineare partendo, appunto, dall’ambiente liturgico per capre il contesto e poi poter proseguire verso un’analisi abbastanza accurata di quelle che riconosce come allusioni simboliche all’eucaristia presenti nel libro. Infine, come passaggio necessario rilegge il suo lavoro all’interno del contesto della scuola Giovannea: per quanto ovviamente rimanga una questione molto dibattuta la paternità del libro dell’Apocalisse è imprescindibile, e ormai comunemente accettato, un legame forte con la comunità Giovannea e il Quarto Vangelo.
Per concludere ritengo che questo testo di Pompili sia sicuramente indirizzato agli “addetti ai lavori” piuttosto che a chi si approccia per la prima volta allo studio di questo libro biblico. Tutto ciò però non lo rende un libro da evitare, anzi è sicuramente un testo molto utile da tenere nella libreria per chi cerca di studiare l’opera di Giovanni di Patmons, inoltre, l’approccio e la lettura che dà è estremamente interessante e utile a dare nuove chiavi di lettura e interpretazione che, se sviscerate possono essere di aiuto anche alla comunità di fedeli. Riporto in tal senso alcune parole usate da mons. Staglianò nell’introduzione del libro: «in tempi di retrotopia dove il pessimismo per il futuro porta la gente, soprattutto i giovani, a guardare ancora alla “cipolla d’Egitto”, indietro, al passato, l’Apocalisse spinge nel suo insieme alla speranza […] è un libro prezioso per alimentare la testimonianza dei cristiani nel nostro tempo».