Ricordi di un vecchio prete: don Leto Casini

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di Carlo Parenti · Nel 1984, su esortazione dell’allora arcivescovo di Firenze, cardinale Silvano Piovanelli, uscì il libro Ricordi di un vecchio prete, che raccoglie le memorie di don Leto Casini. Seguì nel 1986 una ristampa rivista dall’autore, con prefazione di Dino Pieraccioni.

Torna oggi in commercio una nuova edizione -curata da don Vittorio Menestrina e da Paolo Toni, figlio della Madonnina del Grappa e presidente emerito dell’Unione Figli dell’Opera- riveduta, digitalizzata, ampliata nei contenuti fotografici, negli indici, con interviste a due pronipoti di don Leto. Si trova facilmente su Amazon che l’ha stamapto.

Leto Casini nasce nel 1902 a Cornacchiaia (frazione di Firenzuola), settimo di nove fratelli, fra i quali si annovera anche lo scrittore Tito Casini (1897-1987), cofondatore del periodico Il Frontespizio. Nel 1911 entra nel Seminario di Firenzuola dove viene ordinato sacerdote nel 1928 dal cardinale arcivescovo di Firenze, Mistrangelo. Sarà parroco in numerose parrocchie, anche in Svizzera e Olanda tra gli emigranti italiani. Per diciassette anni sarà poi cappellano su grandi navi, anche sulla Michelangelo, specie su quelle degli emigranti in rotta per l’Argentina e l’Australia. A settantadue anni è cappellano delle carceri fiorentine e si impegna attivamente nell’Amicizia Ebraico-cristiana. A ottantaquattro è rettore dell’Oratorio della Madonna delle Grazie sul lungarno Diaz a Firenze.

È ricordato soprattutto per l’attività clandestina, durante la II guerra mondiale, favore degli ebrei. Infatti, nell’ottobre del 1943, all’indomani dell’occupazione tedesca, il card. di Firenze Elia Dalla Costa lo incarica di occuparsi dell’assistenza degli ebrei perseguitati. Con il rabbino di Firenze Nathan Cassuto, Raffaele Cantoni e un gruppo di volontari ebrei e cristiani, Casini stabilisce un Comitato clandestino di assistenza che agisce da terminale degli aiuti internazionali forniti dalla DELASEM, organizzazione di resistenza ebraica . Le responsabilità di don Casini sono quelle di ricercare alloggi, procurare viveri, fornire carte di identità falsificate, ecc. Il 26 novembre 1943 un infiltrato fa arrestare l’intero Comitato (i membri ebrei, tra i quali il rabbino Nathan Cassuto, saranno deportati a Auschwitz). Dopo un breve periodo di prigionia Casini è rilasciato ma continua tenacemente la propria attività clandestina di distribuzione di aiuti che prosegue fino al momento della liberazione, nonostante sia nuovamente arrestato.

Nel 1966 riceve la medaglia come ‘Giusto tra le nazioni’ quale riconoscimento da parte dello Stato di Israele per quanti si sono adoperati per la salvezza degli ebrei durante l’Olocausto. Il suo nome è iscritto nell’albo ufficiale e un albero è piantato in suo onore nel viale dei giusti a Yad Vashem a Gerusalemme.

Don Leto Casini muore nel1992

Il 25 aprile del 2004, nel 59° Anniversario della Liberazione, il Presidente della Repubblica Italiana Carlo Azeglio Ciampi conferisce a don Casini la Medaglia d’oro alla Memoria.

Un ricordo personale: ho avuto il dono di passare, nei primi anni ’70 del secolo scorso, una intera giornata con questo uomo mite, dolce, ma intraprendente, coraggioso, ironico. Fui infatti da lui invitato a Firenzuola una domenica mattina a presentare un film al locale cineforum. Ebbi la certezza di essere con un gigante della fraternità umana. Mi raccontò numerosi toccanti episodi dell’attività per sottrarre ebrei alla ferocia nazista. Confesso anche che al termine del pranzo in canonica mangiammo un tiramisù, preparato dalla perpetua, che ricordo come il dolce in assoluto migliore mai mangiato in vita mia…lo sogno ancora!

Bene hanno fatto don Vittorio Menestrina e Paolo Toni a regalarci questa ulteriore edizione dei ricordi di don Leto! Un nome che deriva dal latino “Laetus“, che significa “lieto” o “felice”

La lettura della sua autobiografia, nel 1984 ordinata saggiamente dal cardinale Piovanelli, mostra molto di più di quanto sopra riassunto. Un libro che si legge d’un fiato. Scritto, come ricorda Dino Pieraccioni,” in una bella lingua toscana che sa di montagna, come la sansa delle castagne, il vino pretto e le strade brecciate dell’Appennino. Una bella lingua toscana che è anche la bella dote di questo narratore ultraottantenne che ha ancora tante cose da dire e tanto buon senso da insegnare a tutti noi.”

La storia di questo ‘vecchio prete’ si intreccia con un caleidoscopio di anime le più diverse e sparse nel mondo: dall’umile contadino di Marcoiano a quella di Papa Giovanni XXIII, (incontrando parrocchiani, studenti, nazisti, fascisti, ebrei, partigiani, migranti, carcerati, uomini politici, uomini di scienza, parroci, vescovi e cardinali) da Firenzuola all’Australia, toccando tutti i continenti. Non solo! Offre un’immagine del clero, a livello nazionale ed internazionale molto edificante, con figure di ogni grado nitide e amabili, vicine ai poveri. Basta scorrere l’indice dei nomi.
Ovunque e con tutti don Leto porta il suo messaggio di bontà evangelica in modo semplice, cordiale, paterno ma anche, quando necessario, risoluto e intraprendente: pronto a offrirsi con coraggio e determinazione, oserei dire forte come un leone.

Un parroco indimenticabile. col profumo delle pecore: come amava dire Papa Francesco e come si legge nella 4° di copertina.

Scrive don Casini: “Ubbidire per me, addomesticato in tanti anni di seminario, era come respirare. Oggi, lo so, ubbidire è da pecore, secondo le teorie moderne. Sarò anche una pecora, ma io mi sono sempre ritrovato bene”.

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