di Andrea Drigani · Il 12 luglio è la festa di San Giovanni Gualberto, fondatore dei Monaci Benedettini Vallombrosani. Giovanni Gualberto era nato a Firenze verso la fine del secolo X e morì a Badia a Passignano, presso Firenze, il 12 luglio 1073 dove è sepolto. Dopo aver perdonato l’assassino del fratello, che glielo avevo chiesto, si recò all’eremo di Camaldoli, dove conobbe San Romualdo.
All’eremo di Camaldoli, nel raccoglimento e nella preghiera, si rese conto che il Signore lo chiamava a fondare una nuova congregazione per combattere la simonia ed il nicolaismo.
La simonia era la vendita delle cose sacre e degli uffici ecclesiastici, una piaga gravissima e difficile da estirpare. Era ancora sussistente nel Trecento come ci ricorda Dante nel Canto XIX dell’Inferno.
Il nicolaismo, nel medioevo, significava il sostegno al concubinato dei preti.
Giovanni Gualberto con alcuni amici, verso il 1030, si recò nei boschi del Pratomagno in un luogo chiamato Acqua Bella, più tardi Valle Ombrosa, per condurre una vita eremitica assieme. Nel 1038 fondò il monastero di Vallombrosa, dando ai suoi monaci la Regola di San Benedetto, con norme proprie e particolari.
Dopo Vallombrosa furono fondati diversi altri monasteri, con accanto rifugi per i poveri e ospizi per gli ammalati.
Giovanni Gualberto si scontrò con Pietro Mezzabarba il simoniaco vescovo di Firenze, il quale, per vendetta, fece incendiare il monastero vallombrosano di San Salvi e ucciderne i monaci.
Giovanni Gualberto fu canonizzato nel 1193 dal Papa Celestino III.
Per una felice coincidenza, poco prima della festa di San Giovanni Gualberto, Papa Leone XIV ha ricevuto, il 28 giugno scorso, i partecipanti al Capitolo Generale della Congregazione Vallombrosana dell’Ordine di San Benedetto.
Leone XIV ha esordito ringraziando per il dono della vita monastica, che richiama la Chiesa intera al primato di Dio quale fonte di gioia e principio di trasformazione personale e sociale.
Il Papa ha poi voluto ricordare come San Giovanni Gualberto obbedì alla vocazione che lo sospingeva ad una maggiore autenticità; anche oggi ci troviamo nuovamente di fronte a nuove sfide, che vanno affrontate con la profondità di chi sa fare silenzio e ascoltare la Parola di Dio, per darla alla luce nella cultura che cambia.
Nulla vi trattenga – ha continuato Leone XIV – dall’originaria esigenza di riformare, di rinnovare e di rendere semplice, a beneficio di tutti, quella vita cristiana che ancora può allargare gli orizzonti e il respiro di ogni esistenza umana.
Il Papa ha poi voluto rammentare che, già nel 1973, San Paolo VI faceva presente che San Giovanni Gualberto aveva voluto un «novum institutum» che ritornasse alle fonti genuine della preghiera e dell’apostolato, come aveva fatto gli Apostoli, i Padri della Chiesa, e San Benedetto. E i primi monaci intorno a lui, a Vallombrosa, cercarono quella «nova conversio» che era sentita da loro come fonte di santificazione personale, ma che doveva altresì dimostrarsi un fermento e un lievito di vita nuova.
Leone XIV ha osservato che Papa Francesco esortava instancabilmente tutti a portare avanti il rinnovamento della Chiesa promosso dal Concilio Vaticano II. Esso ancora ci chiede di vincere l’autoreferenzialità, di essere più poveri e in ascolto dei poveri, di intensificare i legami di comunione.
In particolare la comunione con le altre Congregazioni delle figlie e dei figli di San Benedetto aiuti a rimanere fedeli alla Regola, in dialogo con il mondo contemporaneo.
Il Papa ha concluso affermando che sempre nuova è la ricerca di una spiritualità in cui preghiera, lavoro e gioia si intreccino nella fedeltà ai luoghi e alle cose di ogni giorno. Siatene testimoni attenti e ospitali.