Crisi delle vocazioni e compito del seminario: riflessioni a ruota libera di un (vecchio) direttore spirituale.

260 160 Gianni Cioli
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001-firenzedi Gianni Cioli • Sono ormai tredici anni compiuti che svolgo il ministero di direttore spirituale presso il seminario di Firenze, iniziai infatti nell’ottobre 2005, chiamato dal card. Antonelli.
In questo tempo il seminario è cambiato non poco. Forse la differenza che balza più all’occhio è la diminuzione significativa del numero dei seminaristi: rispetto a tredici anni or sono siamo diventati meno della metà pur essendo aumentato il numero delle diocesi che fanno riferimento a Firenze per la formazione dei futuri preti.

Certo il problema della scarsità di vocazioni al ministero ordinato è sotto gli occhi di tutti e non riguarda solo il seminario di Firenze. D’altra parte quando si parla di crisi della vocazione ritengo che non si dovrebbe pensare tanto ai seminari e ai conventi vuoti e neanche semplicemente interrogarsi sulla pastorale vocazionale, su come rinnovarla o rifondarla. A mio avviso il problema sta più a monte: ciò che è in crisi e la percezione della vocazione umana e cristiana. Ovvero la percezione della vita come dono, compito e responsabilità e missione. Quella che è veramente in crisi è la vocazione battesimale: il riconoscimento che la vita ha senso solo se è donata. Il vero problema per la chiesa è oggi (ri)uscire ad annunciare e trasmettere la fede e con la fede questa coscienza che la vita si salva perdendola nel dono.

Detto questo è lecito e forse anche doveroso interrogarsi sulle ragioni specifiche dello svuotamento dei seminari. Qualcuno chiama in causa il calo demografico per cui meno nati, meno giovani, meno seminaristi. Altri vedono la causa del problema nella scristianizzazione della società per cui meno fede, meno vocazioni. Altri ancora vedono un problema nell’impegno del celibato unito al dovere della castità che giudicano incomprensibile per la sensibilità odierna. C’è poi chi considera la crisi d’immagine delle istituzioni in genere e della istituzione chiesa in specie: la chiesa in effetti è una istituzione e il prete è a sua volta un’istituzione nella chiesa. Anche il matrimonio è un’istituzione e anche il matrimonio è in crisi. Sia nel caso della vocazione sacerdotale che in quello della vocazione matrimoniale si tratta poi di istituzioni che implicano scelte definitive giudicate improbabili in una società liquida. Non da ultimo c’è chi vede nel calo drastico degli ingressi in seminario un effetto dello scandalo, che ha investito e sta investendo pesantemente la chiesa, relativo agli abusi sui minori compiuti da membri del clero. Se qualche anno fa, nell’immaginario collettivo, il prete anche se aveva fatto comunque una scelta poco comprensibile, era per lo più considerato come una bella persona, oggi rischia di essere (pre)giudicato come un potenziale delinquente.

Di fronte a questo quadro ci facciamo certo anche più di una domanda, ma dobbiamo ammettere umilmente che non sempre riusciamo a darci una risposta. D’altra parte una riflessione sulla diminuzione degli ingressi in seminario non deve farci perdere di vista coloro che in seminario ci sono entrati e che costituiscono un dono e una benedizione del Signore per la chiesa che ha bisogno continuare a spezzare il pane in memoria di Lui. Di questo dono dobbiamo prenderci cura con il massimo impegno e con grande amore. A questo proposito – concludendo una breve riflessione con l’aprire una tematica ampia – ritengo che, alla luce degli stimoli donatici da papa Francesco nella recente Lettera al popolo di Dio (20/08/2018), uno dei compiti oggi imprescindibili del seminario, da svolgere con sapienza, saggezza, impegno e amore, sia esattamente quello di educare i futuri preti a rifuggire da ogni forma di clericalismo, ovvero, come ha detto il papa, da «quell’atteggiamento che “non solo annulla la personalità dei cristiani, ma tende anche a sminuire e a sottovalutare la grazia battesimale che lo Spirito Santo ha posto nel cuore della nostra gente”. Il clericalismo, favorito sia dagli stessi sacerdoti sia dai laici, genera una scissione nel corpo ecclesiale che fomenta e aiuta a perpetuare molti dei mali che oggi denunciamo» (Lettera del santo padre Francesco al popolo di Dio, (vedi

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